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Dopo Camera, Senato e Presidente della Repubblica

La torta divisa e la merce di scambio

E adesso tocca al governo. Nella formazione dell’esecutivo la sfida per Romano Prodi

di Alessandra Servidori - 11 maggio 2006

Auguri al Presidente della nostra Repubblica. E adesso avanti. L’Unione ha eletto Giorgio Napolitano alla più alta carica dello Stato, due ex sindacalisti sufficientemente “sinistri” alla presidenza della Camera e del Senato adottando la logica dell’autosufficienza e del muro contro muro, abusando dell’intelligenza della Casa della Libertà e di quella metà di italiani che hanno votato a destra. Ancora a urne già chiuse, Fassino, Prodi e compagnia, hanno continuato a mentire sapendo di mentire: la larga convergenza non è stata cercata né tantomeno trovata. Questa è la verità, così come è la verità che Ciampi , nella riconferma, non è stato appoggiato dalla maggioranza prodiana risicata uscita dal voto poiché comunque Prodi per riuscire a fare il Governo che vedrà la luce fra pochi giorni, doveva pur accontentare i Ds – la torta va divisa! – senza però promuovere Massimo D’Alema al quale il Professore ha giurato vendetta fin da quell’operazione nel 1998 che l’ha visto spodestato da Presidente del Consiglio. Il quadro di contrapposizione frontale tra vincitori e vinti che si presenta oggi è comunque serio per un Governo che può, visto il programma tanto poco uniforme delle anime della coalizione, proseguire poco compatto, poco sereno, poco rispettoso delle regole. Le istituzioni non sono una merce di scambio e pur di raggiungere l’obiettivo di un diessino al Quirinale, Fassino non ha esitato a proporre di alterare profondamente gli equilibri istituzionali proponendo di cambiare il profilo e i poteri del Capo dello Stato, come fulcro di un patto politico ed estensore di un programma. La Costituzione consegna al Presidente della Repubblica il ruolo di garante non quello di protagonista, si vota a voto segreto la persona, non il progetto di Governo e l’esecutivo, al contrario deve guadagnarsi la fiducia in modo palese. La Costituente ha definito il Capo dello Stato un “magistrato di persuasione e di influenza”. Il suo ruolo non va esercitato in virtù di un peso politico ma di un’autorevolezza personale e di capacità di rappresentare l’unità nazionale.

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