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Vittoria della Cdl nelle regioni settentrionali

Al Nord una macchia blu uniforme

Bisogna confutare la teoria pauperistica cara alla propaganda del centro-sinistra

di Giuliano Cazzola - 18 aprile 2006

I numeri (frutto avvelenato di leggi elettorali che, al dunque, hanno fatto l"interesse del "Re di Prussia") attribuiscono una striminzita vittoria all"Unione. Ma il vero successo politico (benché non vittorioso) va riconosciuto, sorprendentemente, a Silvio Berlusconi e ai suoi alleati. Si è riflettuto poco sulla qualità del suffragio per la Casa delle libertà. Eppure, basterebbe osservare la distribuzione grafica del voto per constatare che l"uniforme macchia blu (con percentuali spesso vicine al 60%) sulle regioni settentrionali è il risultato più significativo per il centro-destra e più critico per gli avversari. Perché il Nord – pur con i suoi tanti problemi – non è solo la parte moderna dell"Italia, una delle aree più ricche e sviluppate del mondo, dove, in pratica, resta disoccupato solo chi non vuole lavorare (le aziende si contendono persino la manodopera immigrata), ma è anche la realtà in cui le strutture sociali ed economiche della sinistra (quelle che ne costituiscono il tessuto connettivo ed il potenziale organizzativo: i sindacati, la cooperazione e le associazioni professionali) sono presenti e potenti, quasi come nelle regioni tradizionalmente rosse. In sostanza, la sinistra ha perso clamorosamente le elezioni proprio nelle zone in cui esistono ancora (sebbene ridimensionati) un apparato produttivo manifatturiero ed una classe lavoratrice dipendente sindacalizzata. Si tratta di una società in forte trasformazione, che non si riconosce nella visione pauperistica dell"Italia cara alla gauche, rappresentata dai casi-limite della propaganda di Ballarò. Da anni, invece, le famiglie italiane (le medesime che in questi giorni affollano, a milioni, le strade della penisola in occasione del "ponte" di primavera) vengono descritte sulla soglia dell"indigenza, impossibilitate ad arrivare a fine mese. E che dire della retorica dei "giovani condannati al precariato", anche a costo di smentire tanto le statistiche ufficiali quanto la realtà percepibile quotidianamente ? Come se i nostri figli aspirassero unicamente ad essere assunti al Catasto o nelle Asl e non ad esplorare ogni possibile opportunità prima di stabilizzarsi. Ma la "grande paura" di lunedì notte non è servita. Non si sa ancora se ci sarà un Governo né se esso sarà in grado di esercitare le sue funzioni. Già si parla, però, di abrogare la legge Biagi, accusandola di essere "la madre di tutte le precarietà", mentre la sua caratteristica è solo quella di dialogare positivamente con pezzi di società che la sinistra non riesce a capire e ad intercettare.

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