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L'editoriale di Terza Repubblica

Draghi tra Governo e Quirinale

EVITIAMO INUTILI DISCUSSIONI SARÀ SOLO DRAGHI A DECIDERE TRA GOVERNO E QUIRINALE

di Enrico Cisnetto - 25 ottobre 2021

La partita per il Quirinale deve ancora formalmente cominciare che già sta assumendo aspetti surreali. Assolutamente onirico è il sogno di poter salire al Colle che sta coltivando Silvio Berlusconi, e che i suoi alleati perfidamente alimentano ben sapendo che alla sua età (85 anni compiuti un mese fa) e con la sua storia, l’ipotesi che diventi Capo dello Stato semplicemente non esiste. Ma la vicenda è illuminante della condizione del centro-destra, nel frattempo diventato destra-centro nonostante l’ostentata superiorità del Cavaliere, e quindi vale la pena di guardarci dentro da vicino. Ed è ricca di fantasia anche la telenovela che accosta o allontana Mario Draghi dalla presidenza della Repubblica, in particolare laddove si attribuiscono a vari soggetti (o i medesimi si auto-attribuiscono) ruoli e spazi decisionali inesistenti, o che al massimo sono quelli di pure comparse. In particolare, sta diventando ridicola la dotta discussione che divide analisti e osservatori tra coloro che ritengono indispensabile che Draghi resti a palazzo Chigi (almeno) fino al 2023 e coloro che invece lo vogliono successore di Sergio Mattarella. Ma anche in questo caso sotto lo spesso strato di gossip, c’è materia che vale la pena di analizzare. Andiamo con ordine.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono usciti politicamente sconfitti dalle elezioni amministrative. Non tanto, quindi, per i sindaci persi o non conquistati, quanto per la plastica dimostrazione che il consenso vasto e crescente che i sondaggi e i media gli hanno attribuito, prima all’uno e poi all’altra e comunque sempre a reciproco discapito, era una bolla destinata velocemente a sgonfiarsi. In più, è apparso evidente che il nemico numero uno dei due era l’altro, e non solo perché la Lega è nella maggioranza che sostiene il governo Draghi mentre Fratelli d’Italia sta all’opposizione. In queste condizioni, ci si aspettava che Berlusconi – pur non avendo fatto alle comunali meglio di loro, ma agevolato dall’età e dalla diversa statura personale – richiamasse all’ordine i due leaderini e li costringesse a convergere sulla sua linea politica. Viceversa, già inebriato dalle adulazioni che la sua corte dei miracoli gli sta riservando da settimane, l’egolatrico Cavaliere si è fatto convincere dai leaderini che ci sono tutte le condizioni perché, dalla quarta votazione in poi, possa essere eletto Presidente della Repubblica. E per questo non solo ha rinunciato a regolare i conti all’interno della (presunta) coalizione, ma ha anche sottoscritto un impegno ad accantonare il suo desiderio di avere una legge elettorale pienamente proporzionale. Cioè il principale presupposto per superare il bipolarismo malato e aprire all’insegna di Draghi – ancora presidente del Consiglio o al Quirinale, in questo poco importa – una stagione completamente nuova della politica italiana, la vera Terza Repubblica.

Ora, sono in molti a ritenere che le parole spese in quel vertice a tre dell’altro giorno lascino il tempo che trovano, e che il leader di quel che rimane di Forza Italia – che nel frattempo gli si sta definitivamente frantumando tra le mani – sarebbe conscio della difficoltà dell’impresa al punto di accontentarsi di essere decoubertianamente in gara, e una volta soddisfatta questa voglia tornerebbe sui suoi passi, lungo la strada che da tempo il fidato Gianni Letta gli suggerisce di percorrere. Cioè quella di dar vita ad un fronte pro proporzionale – e questa volta il Pd, preoccupato che l’alleanza con i 5stelle vada a farsi benedire per il venir meno dell’alleato, ci starebbe – che dopo le elezioni del 2023 costruisca una maggioranza europeista (cosiddetta “Ursula”) per un nuovo governo Draghi (o chi per lui). Può darsi che sia così, e che al Cavaliere il raptus quirinalesco passi. Ma intanto si perde tempo, i ministri di Forza Italia sono costretti a prendere le distanze (per fortuna da Berlusconi e non da Draghi), a tutto nocumento del governo che è costretto a subire le fibrillazioni dei partiti, e si rischia di non cogliere l’attimo rappresentato dall’ottimo risultato di Carlo Calenda a Roma, giusto presupposto per la costruzione di una forza liberal-riformista che romperebbe lo schema bipolare (che ha prodotto il “bipopulismo” intercambiabile di questa legislatura) e che manderebbe in frantumi la destra sovranista e antieuropea. E tutto questo per cosa? Per le illusioni di un uomo di 85 anni che ha ancora seri problemi fisici e sulle cui spalle pesano pendenze giudiziarie e un passato che per anni ha diviso l’opinione pubblica nazionale e internazionale? Ma davvero pensa di poter essere in corsa per la successione a Mattarella? Ed è istigandolo cinicamente a giocare con il pallottoliere dei grandi elettori che il duo Salvini&Meloni pensa di leccarsi le ferite elettorali, mantenere le rispettive leadership e risolvere gli enormi problemi politici che i due partiti hanno davanti?

E veniamo al dilemma Draghi. La cosa che sfugge completamente a chi in questi giorni ha alimentato il dibattito sull’opportunità che a febbraio l’ex presidente della Bce si trasferisca sul colle più alto o resti dov’è, è che la decisione spetta solo e soltanto a lui, e che quella decisione la prenderà sulla base di ragioni tutt’affatto diverse da quelle fin qui fatte emergere. Per capirlo occorre ricordare il motivo per cui il recalcitrante Draghi, che non si sarebbe mai reso disponibile ad un’avventura ad alto rischio come il governo del paese, a febbraio scorso si è fatto convincere a mettere piede a palazzo Chigi. Se i lettori di TerzaRepubblica ricordano, a suo tempo scrissi che, escludendo l’amor patrio e la vanità, la vera ragione stava nelle fortissime pressioni ricevute da una persona cui non poteva dire di no, dovendole buona parte dei successi ottenuti alla testa della Bce, e cioè Angela Merkel. Ora i motivi che avevano indotto la cancelliera tedesca a chiedere a SuperMario di sporcarsi le mani per garantire all’Europa che le risorse fornite per uscire dalle crisi generata dalla pandemia l’Italia spendacciona e pasticciona non le avrebbe sprecate, non sono certo venuti meno. Ma la Merkel sta per consegnare ad altri la guida della Germania, e oggi la sua capacità di moral suasion è decisamente in calo. Resta però il fatto che gli impegni presi da Draghi non sono certo di quelli a cui si può sfuggire facilmente, né lui metterebbe mai a repentaglio la sua reputazione. Tanto più avendo nel frattempo saputo conquistare una leadership tanto in Europa che nel mondo.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.