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L'editoriale di TerzaRepubblica

Le illusioni della politica italiana

LE ILLUSIONI DELLA POLITICA: PRIMA LA NEW GENERATION DI RENZI, ORA IL RITORNO DI BERLUSCONI

21 luglio 2017

Totalmente priva di bussola, la politica italiana vive di episodi, fughe in avanti, fascinazioni momentanee. Adesso è il momento della sensazione che il centro-destra possa vincere le prossime elezioni, ed ecco che tutti – protagonisti, comparse, gente vogliosa di un accredito o di un riaccredito – si muovono in quella direzione. Persino gli avversari ragionano partendo dal presupposto che quella suggestione sia fondata, e regolano le loro mosse (si fa per dire) di conseguenza. Ma si tratta di speranze e preoccupazioni malriposte. Insomma, siamo di fronte all’ennesima Grande Illusione. È illusorio, infatti, pensare che esistano le condizioni perché una coalizione sufficientemente vasta si possa formare e vincere, tanto più in mancanza di additivi maggioritari. E, ammesso e non concesso che l’operazione riesca, è ancora più illusorio immaginare che una volta conquistata la maggioranza, un’armata brancaleone che metta insieme europeisti convinti, europeisti tiepidi e anti-europeisti sia in grado di governare e di resistere nel tempo. Eppure, è bastata qualche intervista del Cavaliere ottantenne, un leggero miglioramento alle ultime amministrative e nei sondaggi e, ora, l’uscita dal governo di un ministro certo non di prima grandezza come Enrico Costa, con l’esplicita intenzione di rimettersi in marcia verso destra, per far pensare che alla fine le strutturali divergenze tra Berlusconi e Salvini-Meloni – a nostro avviso sane, da coltivare e rimarcare, non da sbianchettare – finiranno magicamente per scomparire a favore di un programma di governo condiviso.

La verità è che, come abbiamo sottolineato più volte in questa sede, la fine del vecchio bipolarismo – verso il quale non nutriamo neppure un briciolo di nostalgia e rimpianto, nonostante la Seconda Repubblica bis che stiamo vivendo ora sia a dir poco penosa – non consente la rinascita delle due coalizioni su cui si era articolato, né il nascente (e sempre più diffuso) anti-renzismo può essere la nuova linea di demarcazione tra le aggregazioni politiche così come lo fu l’anti-berlusconismo, non fosse altro perché lungo quella faglia il primo a spaccarsi è il Pd. Certo, la cosa a sinistra appare più evidente per il ruolo di “spaccatutto” giocato da Renzi, ma anche dall’altra parte – con buona pace dei Toti e dei Brunetta – le fratture sono insanabili, ed è bene che tali rimangano se non si vuole buttar via un’altra legislatura.

E poi, si prenda atto una buona volta che Lega e Fratelli d’Italia sono perfettamente allineati sulle scelte di fondo dei grillini, usano lo stesso linguaggio populista (anzi, Salvini ha di gran lunga scavalcato Grillo) e si riferiscono (seppur più a parole che nei fatti) agli stessi interlocutori internazionali, Putin e Trump, in chiave anti Bruxelles-Francoforte-Berlino-Parigi. Dunque, se al traguardo elettorale i 5stelle saranno il partito che avrà preso più voti e se, inevitabilmente, riceveranno per questo fatto il mandato esplorativo del capo dello Stato, potete star certi che essi chiederanno e accetteranno i voti leghisti e della destra ex An, e che questi ultimi non glieli faranno certo mancare. Si dirà, allora, che occorre evitare quella saldatura-iattura, e che se Berlusconi riuscisse nell’intento di sottrarre Salvini-Meloni all’abbraccio mortale di Grillo sarebbe benemerito. Vero. Ma non a qualunque prezzo. Perché se il prezzo fosse, come è logico pensare che sarebbe, quello di portare una forza aderente al gruppo dei Popolari europei come Forza Italia, su posizioni di crescente euro-scetticismo, allora il gioco sarebbe a saldo negativo.
Occorre, invece, lavorare per creare le condizioni dell’unica alternativa alla vittoria dei populisti, che per ora, purtroppo, rimane la più probabile, anche perché gli errori di Renzi e la sua crescente antipatia presso l’elettorato borghese che inizialmente lo aveva sostenuto spingono voti verso i 5stelle o l’astensione, non (più di tanto) verso Berlusconi. Quale? Ma l’alleanza tra Pd – sperabilmente de-renzizzato o comunque messo in qualche modo al riparo dai dannosi difetti di Renzi – e Forza Italia, con l’aggiunta di una forza centrista che deve formarsi al più presto. Qualche lettore affezionato potrebbe farci osservare che va dunque incoraggiata l’iniziativa presa da Costa. La risposta è sì, come è affermativa per tutte quelle iniziative che in qualche modo aggregano forze moderate e riformiste oggi sparse e spaesate. Ma perché sia un minimo efficace, l’operazione centrista non può nascere all’ombra di Berlusconi, perché la funzione di questa forza nascente dovrà necessariamente essere quella di fare da anello di congiunzione politico e programmatico tra Pd e Forza Italia, appunto. L’idea che ciò che deve nascere sia satellite del partito del Cavaliere è peregrina, sia sotto il profilo elettorale, perché intercetterebbe solo una parte del voto borghese in movimento, sia sotto il profilo politico, perché per funzionare richiederebbe una situazione bipolare e non tripolare (o addirittura quadripolare, se le forze a sinistra del Pd riusciranno a coagularsi) come è adesso.

Ma c’è un’altra condizione per rendere davvero ragionevole l’operazione neo-centrista: o la forza che si va creando è veramente “nuova”, e allora non può nascere su iniziativa di soggetti “vecchi”, o è la riaggregazione di forze esistenti con leader sperimentati, e allora non si può partire dal presupposto che qualcuno – leggi Alfano – debba stare fuori. Se i centristi della prima e dell’ultima ora si mettono a darsi l’un l’altro le pagelle e rilasciare certificati di idoneità, possono anche risparmiarsi la fatica, perché non andranno da nessuna parte. Ovvio che a noi, che siamo fuori dall’agone politico, piacerebbe di più veder nascere qualcosa di veramente nuovo per mano di protagonisti non consumati da vicende che, in molti casi a torto, hanno logorato altri. E non a caso abbiamo sollecitato i Calenda e i Parisi a farsi avanti secondo quella linea di “terzietà” che è la sola che può consentire di strappare molti italiani alla deriva del non voto. Ma siamo sufficientemente pragmatici e soprattutto non inclini al giustizialismo per sapere che anche chi è stato ed è tuttora in prima linea da anni, può dare il suo contributo.

Ci aspetta una fase difficile. La politica ha perso la bussola, l’Europa si sta ridisegnando per mano di altri secondo una dinamica che ci vede marginali se non addirittura esclusi, l’economia rivede finalmente un pizzico di ripresa, ma è congiunturale e insufficiente quando invece sarebbe tosto ora che si consolidasse e divenisse strutturale. In questo quadro, continuare a coltivare Grandi Illusioni – prima il bipolarismo, poi la new generation di Renzi, ora il ritorno di Berlusconi e del suo centro-destra – è un peccato davvero mortale.

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