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L'editoriale di TerzaRepubblica

Voucher: un regalo a Grillo

L’ABOLIZIONE DEI VOUCHER CLAMOROSO REGALO A GRILLO CHE RISCHIA DI FAR FARE AL PD LA FINE DEI LABURISTI OLANDESI

17 marzo 2017

Se il Pd crede di recuperare a sinistra ciò che ha perso nelle amministrative e nel referendum, si sbaglia di grosso. E se questo errore di miopia politica viene assecondato dal governo, l’effetto rischia di essere devastante. La decisione di varare un decreto legge per cancellare totalmente, tanto per le imprese come per le famiglie, i voucher, cioè i buoni utilizzati per pagare i lavoratori a ore evitando che finiscano in nero, con l’obiettivo di evitare il referendum che sul tema ha indetto la Cgil, modificando nel senso proposto dal quesito la disposizione riguardante la responsabilità solidale in caso di appalti, appartiene esattamente a questa categoria di bischerate. Tanto più se la condizione di necessità e urgenza per decretare, al di là dell’obiettivo strumentale di evitare il referendum, non si vede neppure al microscopio, e non viene certo salvata dal fatto che il decreto riprende il testo approvato dalla commissione Lavoro della Camera. A maggior ragione, tra l’altro, visto che la cancellazione dei voucher decorre dal 2018, con la scusa che i “buoni” già acquistati potranno essere usati (o rimborsati) fino alla fine dell’anno (con la conseguenza che in queste ore si è scatenata una corsa all’acquisto on line dell’ultimo voucher per fare scorta).

Sia chiaro, di quella consultazione il Paese non sentiva certo l’esigenza, e la motivazione adotta dal presidente Gentiloni di non voler introdurre nuove fibrillazioni in una situazione che già risente di fin troppa esagitazione, non solo è perfettamente comprensibile, ma anche, almeno sulla carta, giusta. Diverso sarebbe, invece, se dietro questa motivazione “alta” ce ne fossero di più “basse”, e cioè la paura di perdere un altro referendum dopo quello del 4 dicembre e la preoccupazione di non spaccare ulteriormente il Pd in vista delle elezioni. Ansie legittime in casa Pd, meno in seno al governo che deve badare agli interessi generali. E che comunque non si placano scippando ai promotori la consultazione, perché si finisce con lo scontentare ugualmente quella parte del sindacato e della sinistra che volevano misurarsi – con buona probabilità perdendo (scala mobile docet), paradossalmente – e col perdere credibilità verso il mondo seriamente riformista e quello moderato, a cominciare dal mondo delle imprese (anche se Confindustria tace, ma ormai non fa più testo). Inoltre, questa scelta ha spaccato pure il sindacato, facendo battere le mani al governo alla Fiom di Landini e reagire con un “qui ritorna il lavoro nero” alla Cisl della Furlan. Bel colpo.

Insomma, come hanno scritto Giuliano Cazzola e Pietro Ichino, si è di fronte ad una resa priva di condizioni di chi non ha neppure tentato di combattere, oltre che senza avere almeno provato a stabilire se i voucher hanno prodotto o no effetti positivi. Mentre,  una strada alternativa c’era. Siccome è vero che la normativa aveva bisogno di una registrata, perché ci sono effettivamente stati degli abusi nell’uso dei voucher, si sarebbe potuto produrre una revisione restrittiva della disciplina. Si dice: ma la suprema Corte avrebbe potuto non considerare sufficienti le modifiche ai fini dell’annullamento del referendum, perché il quesito referendario richiedeva l’abrogazione totale. Vero, ma non doveva essere la certezza di evitare la consultazione lo scopo dell’azione del Governo, bensì quello di assicurare al Paese una normativa moderna ed efficiente e su quello farsi giudicare dagli italiani.

Conosciamo l’obiezione, giunti a questo punto: scampato il referendum, dopo le elezioni politiche si potrà sempre tornare sul tema con un nuovo provvedimento che imponga le norme che non sono state messe in campo in questa circostanza. Sì, è vero, giuridicamente si può fare. Peccato, però, che valga molto di più la coerenza della furbizia politica, specie in questa fase. E, infatti, è proprio qui che casca l’asino. Credere, come sembra aver pensato Renzi influenzando la scelta di Gentiloni, che bisognava evitare un bis del referendum sulle trivelle, perché pur non avendo raggiunto il quorum, su quei Sì quel furbacchione di Michele Emiliano ha costruito la piattaforma della sua candidatura a segretario del Pd, è puerile. Ma questo è il meno. Ciò che è più grave è non capire che una scelta del genere favorisce il vero “nemico da battere” della prossima competizione elettorale (cui pure tutti guardano come unica stella polare): i grillini. Anzi, questa scelta rappresenta uno straordinario contributo alla “grillizzazione” del Paese, cioè alla affermazione di tutte quelle condizioni che rischiano di rendere inevitabile, e perfino travolgente, la vittoria dei populisti nostrani. Fateci caso: l’abolizione dei voucher era nell’agenda dei 5 stelle, ora è Gentiloni ad averla realizzata; alla proposta pentastellata denominata “reddito di cittadinanza” fanno pendant quella renziana del “lavoro di cittadinanza”, quella di Forza Italia (Brunetta) finalizzata a garantire un impiego (o indennità) trimestrale a tutti, e quella di Salvini di un “reddito di sussistenza”. E con le similitudini si potrebbe andare avanti all’infinito, perché sia a sinistra che a destra l’inconsistenza politica e programmatica ha creato un micidiale meccanismo di subordinazione culturale (si leggano Angelo Panebianco e Giovanni Orsina) al grillismo dilagante. Senza aver capito che Grillo non si batte sul suo terreno, perché più lo si insegue e lo si copia e più dilaga.

E non ci si faccia troppe illusioni sull’esito delle elezioni in Olanda. Là a tener testa al PVV dello xenofobo e anti-Ue Geert Wilders, che pure ha preso 5 seggi in più di quelli che aveva, non sono stati i laburisti, miseramente crollati dando un po’ di ossigeno ai Verdi – se fossimo in quelli del Pd e della sinistra oltre i Democrat, rifletteremmo molto sul risultato olandese – ma i liberal-conservatori del premier uscente Marc Rutte, nonostante che di seggi ne abbiano persi otto. Sarà con tutta probabilità ancora lui a presiedere il governo olandese, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutte le cancellerie continentali, ma al prezzo di aver inseguito sul loro terreno i populisti e grazie all’intemerata del turco Erdogan, che ha spaventato gli elettori spingendoli a preferire, pur in misura più ridotta, la continuità. In tutti i casi non è la sinistra che riesce a rispondere al mix montante di populismo, nazionalismo e neo-protezionismo, ma il centro-destra. Peccato che da noi sia diviso, e che una buona metà, Salvini più Meloni, abbia gli stessi contenuti, le stesse parole d’ordine e lo stesso linguaggio del fronte da battere. Qualcuno, a sinistra come a destra, invece di far finta di essere ancora nel teatrino del Berlusconi sì-Berlusconi no, vuole aprire gli occhi (e il cervello) e dare risposte? Possibilmente non dello stesso tenore del decreto sui voucher, grazie.

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