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  • 20201210 - Il crashback digitiale

Perché App IO non funziona

Crashback digitale

Fatta l'Italia digitale, facciamo gli italiani digitali

di Luciano Ricci e Massimo Pittarello - 10 dicembre 2020

Stiamo facendo l’Italia Digitale... bisogna fare anche gli italiani digitali. Con la pandemia, infatti, molte abitudini si sono spostate sul digitale. E questa rappresenta una grande occasione. Per adesso, purtroppo, non sfruttata.

Innanzitutto, facciamo chiarezza. Per Italia digitale intendiamo le infrastrutture, i data center all’avanguardia a supporto della pubblica amministrazione, un cloud pubblico in cui depositare i dati dei cittadini, un sistema informativo nazionale, oltre che una chiara strategia di sviluppo ed innovazione. Gli italiani digitali, invece, sono coloro che nella vita quotidiana riconoscono la differenza tra fare la coda in posta per pagare un F24 e fare la stessa operazione da una App.

Questo “fare gli italiani digitali” non può che passare, tramite la user experience e la certezza del risultato di un’operazione, dalla fiducia verso l’informatica. Purtroppo, ad ogni occasione, ad ogni salto digitale – click day, App immuni, cashback, etc – si verificano disservizi più o meno gravi che minano questa fiducia. Come può un utente fidarsi di una App che genera un errore per poi inserire i propri dati sensibili? E stiamo chiedendo ai cittadini di inserire i propri estremi di carte di credito, le proprie coordinate bancarie o i propri dati personali e sanitari!

La storia ve l’abbiamo raccontata negli scorsi articoli, il crash di INPS con il bonus dei 600 euro, poi l’App Immuni che non è stata in grado di tracciare i contagi per evitare la seconda ondata, poi ancora il bonus bici e la Spid di Poste; tutti eventi in cui vi sarebbe stata l’opportunità di costruire ed irrobustire questa fiducia nei nuovi strumenti proprio perché sarebbero stati un mezzo prezioso di aiuto a professionisti, cittadini, alla vita reale.

Tutti errori evitabili con un migliore coordinamento tecnico-politico tra i diversi attori coinvolti. Soprattutto, semplificando i troppi attori in campo, portando le migliori competenze ai posti giusti e cancellando una volta per tutte il solito approccio di “mai una chiara responsabilità”.

Ma ricostruiamo la combinazione di fattori che ha portato ai malfunzionamenti dell’App IO e come hanno vissuto, il giorno dell’operazione cashback, gli utenti. Innanzitutto dobbiamo fare un plauso all’idea di progetto App IO, finalmente un unico punto di accesso per il cittadino per interagire con i servizi pubblici locali e nazionali, direttamente dallo smartphone.

Veniamo però alle note dolenti, PagoPa, che gestisce l’App IO, ha atteso la disponibilità del provvedimento del Ministero dell’Economia, che però è arrivato solo 24 ore prima. Così gli utenti si sono “assembrati” perché la piattaforma registra i pagamenti che formano il montante di acquisti per ottenere il 10% di rimborso solo dalla mezzanotte in cui è stata completata la registrazione.

Poi va aggiunto che la registrazione degli strumenti di acquisto è macchinosa, fino a tre click, e che i dispositivi non sono stati inseriti tutti in una volta (prima la possibilità di registrare solo le carte di credito e solo l’8 dicembre anche i bancomat).

I problemi seri però sono venuti dal collegamento con i sistemi delle banche, le quali non hanno trovato utile investire in un potenziamento ad hoc per supportare questo picco di utenti, risultando così un collo di bottiglia. La user experience degli utenti è stata quindi: un errore temporaneo nel salvataggio di una carta (riprova!), l’impossibilità di verificare le transazioni relative agli acquisti già a partire da quelle dell’8 dicembre ed, infine, il classico Proxy Error in fase di registrazione del metodo di pagamento.

Purtroppo dobbiamo scrivere che ancora ad oggi, 10 dicembre, questi errori sono presenti in modo random; sempre meglio del primo giorno in cui l’App IO si è presentata con la sezione: “il Portafoglio è in manutenzione, ritornerà operativa appena possibile!”.

Insomma l’approccio è sempre il solito, quello dello studente che prepara le interrogazioni all’ultimo minuto, tentennamenti e fallimenti che minano la fiducia nell’Italia Digitale...

Questo deve essere un campanello di allarme perché se continuiamo in questo modo anche i soldi del Recovery Fund saranno spesi invano, semplicemente perché non saremo stati in grado di fare gli Italiani Digitali... anzi li avremo allontanati per sempre e tutti gli investimenti andranno a costruire cattedrali nel deserto!

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.