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  • 20191209 - Tempest, il caccia di sesta generazione

La difesa europea e il posizionamento italiano

Tempest in arrivo

La rischiosa sfida europea nell'industria aeronautica

di Alessandro Strozzi - 09 dicembre 2019

La fortunata Europa, che ha beneficiato di 70 anni di pace dalla fine del secondo conflitto mondiale, non dimentichi che la guerra rappresenta un pericolo sempre in agguato. E, secondo l’adagio latino, “si vis pacem para bellum”. O meglio, la più bella vittoria è quando non combatti. Per questo oggi l’attenzione militare va al settore militarmente più strategico e versatile, quello aeronautico, che consente un predominio strategico in grado di condizionare tutto il resto. Gli odierni velivoli sono veri e propri supercomputer con le ali, capaci singolarmente di fare la differenza in un teatro di guerra, perché mixano guerra convenzionale e guerra cibernetica. E ne sono il massimo sviluppo. Il programma congiunto tra Italia e Regno Unito per la realizzazione del caccia di sesta generazione Tempest è da salutare positivamente per la proiezione geo-strategica che ne risulterebbe per il nostro paese. Purtroppo, però, Francia e Germania si sono poste in contrapposizione con il progetto per il caccia FCAS (Future Combat Air System), delineando così un’ulteriore competizione economico ed industriale interna agli stati europei che mina la coesione economica europea e soprattutto il progetto di difesa comune (nonché i nostri interessi nazionali). 

Se fino all’entrata in gioco dell’Eurofighter negli anni ’90, gli aerei da combattimento erano caratterizzati da tecnologie relativamente semplici se confrontate al contemporaneo mondo cyber e dei nanomateriali, la quinta generazione, con caratteristiche stealth e apparati di bordo in grado di conferire superiorità informativa, rappresenta una sinergia perfetta tra sistemi analogici e digitali. Gli l’F35 Joint Strike, per esempio, assicureranno una supremazia militare agli Stati Uniti per almeno un altro decennio. Ma in futuro? Per la sesta generazione gli Usa si stanno attrezzando con il programma Next Generation Air Dominance. I competitors cinesi e russi, ovvero i caccia J20 e i SU57, per ora non riescono a colmare il divario, ma la sfida si fa sempre più serrata a colpi di spionaggio cyber e industriale. Francia e Germania hanno deciso di concordare la realizzazione del FCAS, escludendo l’Italia dal progetto. Perciò il nostro Paese è giunto a definire un accordo equivalente con il Regno Unito sul Tempest. Su questo progetto, l’Italia potrà giocare una partita vincente per la sua proiezione industriale e militare a livello internazionale.

A livello industriale, infatti, il Tempest vanta un elenco di tecnologie di sesta generazione, come la dotazione armi ipersoniche ed la capacità di schierare e controllare sciami di droni. Il principale contractor aziendale sarà l’inglese BAE Systems, che sovrintenderà il progetto insieme alla Royal Air Force, i nostri campioni nazionali: la società MBDA, il principale consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa, la cui ragione sociale ricorda le società da cui è nata attraverso varie fusioni: Matra BAE Dynamics Alenia; Leonardo, esperta nello sviluppo di sensori e sistemi avionici; Avio Aero ed Elettronica. Tra l’altro, la collaborazione in materia aeronautica con Londra ha origine sin dagli anni ’60 con il caccia Panavia Tornado. Grazie ad una visione comune su dottrina, addestramento ed esperienza operativa, è stato registrato un forte allineamento sulle caratteristiche necessarie al velivolo di sesta generazione. Il progetto franco-tedesco desta invece diverse perplessità. I due paesi continentali partono in grande svantaggio poiché per lo sviluppo del FCAS sono obbligati a saltare un intera generazione di caccia da guerra, passando dalla quarta e mezza oggi in loro possesso, direttamente alla sesta. L’Italia ha fatto bene a smarcarsi da tale progetto che già vede tensioni notevoli nel consorzio Dassault, Airbus ed MTU Aero che ha lanciato il progetto FCAS.

Sta di fatto però che se il vantaggio dell’industria italiana nel progetto Tempest è indubbio, ci sono tuttavia altri dubbi che emergono. Già in passato la competizione tra tre velivoli caccia (Eurofighter, Grippen e Rafale) non ha prodotto economie di scala ma attriti che hanno indebolito i concorrenti europei in gioco. Se si vuole realizzare l’auspicio della nuova Commissione Europea – e l’ambizione di Macron espressa pochi giorni fa – di una difesa europea integrata, bisogna superare le competizione tra stati membri, per non scatenare l’ennesima guerra tra poveri che vedrebbe i singoli Paese europei perdenti di fronte a colossi globali quali USA, Cina e Russia. A questo riguardo l’Agenzia per la Difesa Europea sta spingendo affinché si realizzi un seppur minimo livello di convergenza tra i due programmi (Tempest e FCAS) ponendo finalmente fine all’odioso clima di competizione. Solo la costruzione di una singola industria della difesa europea, infatti, potrà eliminare la concorrenza tra i singoli paesi europei favorendo la cooperazione. 

La retorica pacifista che ripete quanto i finanziamenti per il settore difesa possano essere destinati a costruire scuole, treni e ospedali, rivela una certa immaturità in materia di sicurezza e posizionamento geopolitico. Il settore della difesa è protagonista nelle relazioni internazionali e nell’innovazione tecnologica, con ripercussioni positive in ambito civile; stabilimenti come il Faco (Final Assembly and Check Out) di Cameri in provincia di Novara, gestito dalla Divisione Velivoli di Leonardo, fanno parte del tessuto industriale italiano che porta lavoro sul territorio (nel caso di Cameri, circa 700 dipendenti del sito sono giovani e provengono, soprattutto, dagli Istituti superiori della zona). Dunque cambiamo paradigma e accogliamo positivamente programmi come il Tempest, tramite i quali l’Italia può essere protagonista in tema di difesa europea comune, sviluppo tecnologico ed interesse nazionale.

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