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Economia verde

Riflettere sull'agro-fotovoltaico

Valorizzare gli ettari di territorio abbandonati per produrre energia pulita

di Enrico Cisnetto - 01 dicembre 2019

La strada dell’inferno, si sa, è lastricata di buone intenzioni. Per cui, per rendere più efficace il processo di transizione energetica, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e la tutela dell’ecosistema – proponimenti oggi diventata veri e propri mantra – bisogna passare dalle parole ai fatti. Per esempio, recuperando, riutilizzando e ritornando a sfruttare i milioni di ettari di territorio abbandonati a se stessi. Infatti, negli ultimi trent’anni in Italia abbiamo perso un terzo della superficie agricola utilizzata, passando da 15 a 10 milioni di ettari. Con gravi conseguenze in termini di dissesto idrogeologico (la cura di terreni coltivati e boschi aiuterebbe a scongiurare frane e allagamenti). A questi bisogna aggiungere l’enorme quantità di insediamenti industriali abbandonati. Cosa farne? Per dirne due: con l’agricoltura avanzata e l’industria delle energie rinnovabili. Da un lato, c’è estremo bisogno di una migliore efficienza del settore agricolo che, oltre a tecniche di coltivazione con ancora ampi margini di miglioramento, soffre di un consumo del suolo che avanza al ritmo di 54 chilometri quadrati all’anno, due metri quadri al secondo. Dall’altro, per gli impegni assunti da qui al 2030, c’è l’assoluta necessità di installare impianti di energie rinnovabili.

Secondo uno studio del Politecnico di Milano, il potenziale reale delle aree “dismesse” potrebbe garantire complessivamente tra i 5,3 e gli 8,4 gigawatt per il fotovoltaico, oltre ad un ulteriore gigawatt sull’eolico. Ora, il nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) punta a realizzare 30 gigawatt di solare (dagli attuali 20) e 15 di eolico (da 10) entro il 2030, ovvero 4,5 gigawatt l’anno, così da portare la quota di rinnovabili al 50% per quella data. Uno sforzo enorme se consideriamo che nel decennio passato abbiamo realizzato in media solo 3,5 gigawatt ogni 12 mesi, che in futuro la quota di incentivi sarà assai inferiore e che poco territorio resta per nuovi impianti. Secondo quanto suggerisce Ef Solare Italia, società leader nel fotovoltaico, sarebbe sufficiente che dei 125 mila ettari abbandonati ogni anno, almeno 80 fossero riutilizzati attraverso impianti di energia solare per raggiungere quei target. Ovviamente in condizione di market parity, perché se devono esserci degli incentivi, questi devono essere orientati esclusivamente sulle tecniche di storage, senza dimenticare l’adeguamento delle reti di trasmissione e distribuzione e la semplificazione degli iter autorizzativi e burocratici, come spiegato anche dalla società di investimento in infrastrutture Arpinge.

Ma persino il recupero delle coltivazioni agricole potrebbe avvenire in sinergia con il solare. L’agro-fotovoltaico (spiega l’accreditato Istituto Fraunhofer) ha infatti diversi pregi: i pannelli a terra creano un ambiente sufficientemente protetto per tutelare la biodiversità; se installati in modo rialzato, senza cementificazione, permettono poi l’uso del terreno per allevamenti e colture; dopo uno sfruttamento intensivo, consente un periodo di riposo, il “maggese”, necessario alla ricarica del terreno. Alcune iniziative sperimentali realizzate in Germania e Stati Uniti ci confermano la praticabilità del “matrimonio”.

I ministeri delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico dovrebbero farci un pensiero. E magari anche un progetto: “energia&cibo sostenibili”. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.