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Dai fondi pensione alle assicurazioni

Il risparmio verso lo sviluppo

Nuovo slancio all'economia con il vecchio schema sui Pir

di Enrico Cisnetto - 06 ottobre 2019

Un passo avanti e tre indietro. Dai Pir al prestito vitalizio ipotecario, fino alle sinergie con assicurazioni, fondi pensione e casse previdenziali, tutti i progetti per provare a mobilitare l’immenso risparmio degli italiani, cercando di spostarlo dal materasso all’economia reale, sembrano dimenticati o, peggio, buttati alle ortiche. Un errore esiziale visto che mentre il nostro pil pro-capite, oltre ad essere stagnante, perde 10 punti rispetto alla media europea, 23 verso la Germania e 43 con gli Stati Uniti, il patrimonio privato, quantificato da Bankitalia in 9.500 miliardi, è pari a 9 volte il reddito, mentre per i tedeschi si ferma a un moltiplicatore di 6,3 e negli Usa di 4,8.

Insomma, proporzionalmente abbiamo tanti soldi, ma non li facciamo fruttare per il sistema paese. Un po’ per mentalità, ma anche perchè sono stati improvvidamente chiusi i canali di comunicazione che si stavano aprendo tra risparmio e investimenti. Prendete il caso dei Pir, i Piani individuali di risparmio lanciati nel 2017 allo scopo agevolare il finanziamento a medio e lungo termine alle imprese da parte dei singoli cittadini. Nei primi due anni avevano raccolto la considerevole cifra di 12 miliardi, ma dopo le modifiche introdotte dal precedente governo sono divenuti uno strumento inutilizzabile, e dunque inutilizzato. Tant’è vero che nel 2019 nessuna società italiana o estera ne ha emessi di nuovi. Se lo scopo era farsi del male, ci siamo riusciti. Se, invece, era far confluire più denaro alle pmi e non solo alle grandi imprese, si è buttato il bambino con l’acqua sporca. Per cui ora sarebbe bene tornare allo schema originario senza più cambiare normativa, evitando così di far fuggire, ancora una volta, investitori e capitali.

Se poi si vuole perseguire la nobile intenzione si spostare anche alle piccole aziende non quotate risorse ora ferme nei conti correnti, ci sono altri strumenti. I fondi chiusi a scadenza (Eltif) per cui il decreto crescita ha previsto interventi fiscali o il prestito vitalizio ipotecario, strumento con cui gli ultrasessantenni possono usare in modo dinamico la casa di loro proprietà, ricevendo un finanziamento ipotecario che gli eredi, a differenza della vendita della “nuda proprietà”, hanno la possibilità di rimborsare dopo la scomparsa del congiunto. Ma sono particolari che, in una visione più generale, risultano minimi. Le casse previdenziali, per esempio, gestiscono un tesoro privato vicino ai 100 miliardi che vorrebbero (e dovrebbero) investire in economia reale, stimolando così la crescita. Ma l’assenza del regolamento attuativo atteso dal 2011 e, soprattutto, i paletti troppo stringenti che si vorrebbero imporre, lo impediscono. E, purtroppo, nonostante le belle intenzioni, la situazione resta simile per quanto riguarda il risparmio assicurativo.

Come ha ben spiegato Federico Merola sul Sole 24 Ore, la politica monetaria, da sola, non basta per rilanciare la crescita. Soprattutto se mancano – e dannazione se mancano – gli investimenti. Per cui quello che serve è un ponte, robusto ed efficiente, per far viaggiare il risparmio verso lo sviluppo, facilitando gli investimenti in economia reale dei soggetti istituzionali. È la strada per riequilibrare la stortura che c’è tra bassi redditi e patrimoni elevati. Un percorso che comincia con il prendere i soldi dal materasso per metterli nel futuro. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.