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Treni e non solo

Infrastrutture: spendere di più e meglio

Sacrosanto investire su ammodernamento della rete ferroviaria

di Enrico Cisnetto - 28 luglio 2019

Il sistema ferroviario è una delle poche infrastrutture strategiche del Paese che, grazie all’avvento dell’alta velocità, ha vissuto una modernizzazione davvero significativa. Una rivoluzione silenziosa, che ha cambiato le abitudini degli italiani e arricchito la nostra offerta turistica. E che attende (attendeva?) di essere completata. Proprio per questo due vicende recenti hanno generato la preoccupazione che quel processo virtuoso si sia arrestato. Anzi, che siano fatti passi indietro. Il primo, e più grave, riguarda l’incendio di Rovazzano che ha mandato il tilt il sistema e causato disagi e danni di grande e grave portata. Le riflessioni più immediate hanno riguardato l’individuazione degli autori dell’atto doloso e i motivi del gesto. Invece merita farsi un’altra domanda: come può accadere che un problema, per quanto serio, ad una cabina elettrica, possa bloccare il traffico per molte ore, e per di più lungo la dorsale ferroviaria più importante? Possibile che il livello di sicurezza di queste linee sia così basso da rendere praticabile con una certa facilità il gesto doloso – quello o un altro – e impraticabili, se non dopo molto tempo e al prezzo di notevoli difficoltà, gli interventi risanatori? Anche perchè non stiamo parlando di un sofisticato attacco informatico, ma di un banale incendio. È evidente, dunque, che si pone l’esigenza di predisporre un piano per alle dare alle infrastrutture critiche un’adeguata protezione – fisica, da remoto, con l’uso di nuovi materiali, con almeno doppi sistemi di sicurezza e di disaster recovery – da ogni genere di minaccia.

La seconda vicenda, non meno significativa, è la decisione di Ferrovie di aumentare le tariffe in un momento in cui i tempi di percorrenza accumulano ritardi, in particolare sulla Roma-Milano-Roma. Per carità, i rincari sono fisiologici e si mantengono tra il 2% e il 4%, ma sono gli ultimi di una lunga serie e comprendono anche balzelli fastidiosi come i due euro per scegliere il posto. E una causa – ma non l’unica – dei ritardi sono i lavori di manutenzione sulla tratta Bologna-Firenze realizzati da Rfi, sicuramente necessari dopo 10 anni di alta velocità. Ma certo tutto questo stride con la promessa fatta nel 2015 in occasione del lancio del nuovo “Frecciarossa 1000” che di lì a poco, con quel treno capace di viaggiare a 350 km orari, si potesse coprire la distanza tra le due città più importanti del paese in meno di due ore e mezza. Anzi, a 2 ore e 20 minuti se si fosse aggiunto anche il sottoattraversamento di Firenze. Certo, la responsabilità non è delle Ferrovie, ma del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, che dopo un lungo tira e molla un anno fa ha negato l’autorizzazione ad innalzare la velocità massima sui binari dell’AV dagli attuali 300 a 350 chilometri orari. Una decisione motivata soprattutto dal rischio (sic!) di maggiori costi manutentivi per la rete.

Ma è proprio qui il nocciolo della questione. Quei costi, di ulteriore ammodernamento e maggiore manutenzione e protezione, sarebbero sacrosanti. Tanto più in paese che in cui la spesa pubblica è al 45,5% del pil (circa 830 miliardi), e la gran parte delle sue componenti sono di spesa corrente improduttiva. Certo sarebbero soldi molto meglio spesi di quelli che Ferrovie è chiamata ora cacciare per il disperato tentativo di rianimare Alitalia. Passare da Frecciarossa a Alinere è un attimo. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.