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Public Policy

No alla proposta Tridico

Pensioni a 5 stelle

L'Inps è meglio che resti fuori dalla previdenza complementare

di Enrico Cisnetto - 21 luglio 2019

Speriamo sia solo un ballon d’essai. E che non se ne parli più. L’idea di un fondo pubblico di previdenza integrativa gestito dall’Inps, lanciata dal suo presidente, Pasquale Tridico, infatti, non soffre solo di visione statalista del welfare, ma crea una serie di rischi per la tenuta del sistema pensionistico. È vero, siamo il secondo paese più vecchio al mondo, che fa sempre meno figli e con assegni pensionistici progressivamente sempre più magri. E dove purtroppo le forme di previdenza complementare, che potrebbero limitare i danni, , riscontrano livelli di adesione ancora troppo bassi. Ma ciò non significa che la terapia indicata dal presidente dell’Inps sia corretta. E non solo perché mancano uno studio di fattibilità e un programma dettagliato, ma perché la quota di chi aderisce a pensioni complementari è, seppur lentamente, in aumento dal 2012 (+4,9% nel 2018, per un totale di quasi 8 milioni di iscritti) e in quella direzione bisogna lavorare anzichè entrare in competizione, e per di più a gamba tesa, con i privati che già operano nel comparto. Anche perché un fondo pubblico andrebbe a cambiare le modalità di calcolo dei rendimenti, facendo saltare il banco, senza per questo incentivare la previdenza complementare dove più manca (Sud, giovani, donne). Piuttosto, se non si vuole cedere all’ideologia statalista e se il pubblico può e davvero intende sostenere il sistema previdenziale nel suo complesso, deve pensare ad altri incentivi, a partire da quelli fiscali, senza escludere di destinare quota della retribuzione a coperture vita, infortuni o, visto l’allungamento della vita, per la non autosufficienza in tarda età (long term care).

Senza dimenticare che l’Inps già svolge numerosi e complessi ruoli e forse non è adatto a questo. Perché un conto è erogare le prestazioni previste dalla legge in un sistema a ripartizione, un altro è investire con profitto risorse di un fondo a capitalizzazione nelle turbolenze dei mercati finanziari. Una precedente proposta di Massimo Mucchetti quando era parlamentare Pd almeno prevedeva che i versamenti aggiuntivi del lavoratore finissero nel “sistema Inps” e non in un fondo ad hoc, oltre a stimare 5 miliardi di maggiori incassi per lo Stato. In questo caso, invece, si generebbe il paradosso che l’Inps dovrebbe appoggiarsi ai privati (assicurazioni, fondi comuni di investimento o Sim) per gestire un fondo aperto senza alterare la concorrenza.

E poi c’è la lezione del passato da ricordare. Fondinps, fondo residuale composto da 40mila tfr di lavoratori silenti che non hanno optato per nessuna forma integrativa, visti gli scarsi risultati ottenuti, è stato chiuso con l’ultima legge di Bilancio. Anche per questo non si capisce come l’Inps possa oggi diventare una “valida alternativa” agli attuali schemi privati se non è stato in grado di valorizzare nemmeno un piccolo fondo residuale. Tanto meno è immaginabile che un tale fondo possa spingere gli investimenti diretti nel paese, come sostiene Tridico. Non solo perché si andrebbe a subordinare lo scopo primario dell’istituto (messa in sicurezza dei risparmi individuali per una futura pensione integrativa), ma perché dei 167 miliardi gestiti dai fondi pensione (9,5% del pil), solo il 3% sono oggi allocati in titoli di imprese e solo 1,2 miliardi in azioni. Ci sarà pure una ragione se è così, no? (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.