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Public Policy

Flatx tax e non solo

Distorsioni fiscali

La riduzione delle tasse è utile solo se selettiva

di Enrico Cisnetto - 16 giugno 2019

L’asimmetria tra la politica e il tessuto socio-economico del Paese è ogni giorno più evidente. Uno iato che emerge non solo dal tasso di adesione inferiore alle aspettative ai provvedimenti bandiera, reddito di cittadinanza e “quota 100”, ma anche da come si profila l’approccio al tema della flat tax, dove si rischia di perseverare nel medesimo errore di distorsione della realtà. Che in Italia le tasse siano alte non c’è dubbio, ma non lo sono per tutti allo stesso modo e, vista la coperta corta della finanza pubblica, bisognerebbe innanzitutto capire a chi è più opportuno ridurle prima.

A parte i costi elevati e la mancanza di adeguate coperture, le ipotesi di flat tax che circolano ignorano del tutto la struttura del capitalismo italiano. Un terzo delle nostre imprese, infatti, compete con successo nei mercati internazionali, mentre un altro terzo si arrangia come può e un ultimo terzo è in fase assolutamente terminale. Dunque, un intervento generalizzato di riduzione fiscale che metta tutti sullo stesso piano, brocchi e purosangue, non può che rivelarsi dannoso, accanendosi terapeuticamente sui primi e zavorrando i secondi. Quello che invece servirebbe, una volta presa coscienza di come effettivamente è il nostro sistema produttivo, sarebbe una scelta “selettiva” in grado spingere verso quella ristrutturazione dell’offerta di cui abbiamo assoluto bisogno, magari creando nuovi poli di eccellenza nei settori chiave.

Se poi la flat tax viene venduta come la panacea contro l’evasione, si commette un esiziale errore interpretativo perché il vero strumento è invece il “conflitto di interessi”. L’economia “nera” è pari a circa il 20% del pil, circa 300 miliardi, e in particolare a sfuggire è l’Iva, perché ci sono 3-4 milioni di “sommersi” che per più volte l’anno intervengono in una delle 25 milioni di case delle famiglie italiane. Facendo la somma si arriva a più di 200 milioni di prestazioni “Iva evasa”. Sarebbe utile, allora, istituire un sistema in cui tutti possano scaricare tutto, così che chi paga abbia interesse a obbligare chi incassa ad emettere fattura. Invece, le cose vanno nel senso opposto, visto che la flat tax introdotta dal primo gennaio per gli autonomi fino a 65mila euro esclude la possibilità di scaricare quasi tutte le spese. E allora, perché chiedere fattura, se non conviene?

Allo stesso modo gli 80 euro furono un errore, non perché non fosse necessario alleggerire la pressione fiscale, ma perché quei dieci miliardi all’anno sono stati usati solo per comprare consenso, intervenendo selettivamente sulla fascia “media” della popolazione, con un reddito annuo lordo tra 26 e 8mila euro (e pazienza per i più poveri). Le opposizioni di allora giustamente criticarono la misura, ma oggi sono al governo e avrebbero il dovere utilizzare quei soldi per creare una no-tax area fino ad una certa soglia – che tra l’altro creerebbe progressività nell’imposizione – e per ridurre le aliquote in modo strutturale per almeno i due scaglioni più bassi. Ma se si ha una visione distorta della realtà sociale e dell’economia, è difficile azzeccare le terapie giuste. (twitter @ecisnetto)

 

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.