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  • 20190526 - L'Europa in tre passi

Archiviato il voto

L'Europa in tre passi

Ue davanti a un bivio: maggiore integrazione o totale disintegrazione

di Enrico Cisnetto - 26 maggio 2019

Archiviata campagna elettorale e voto, il nuovo Parlamento di Strasburgo e la nuova Commissione a Bruxelles dovranno darsi delle priorità concrete che permettano all’Europa di non regredire, e possibilmente di andare avanti. E, tra queste, non possono mancare una “golden rule” per gli investimenti pubblici, una Maastricht delle infrastrutture e l’Unione energetica europea. D’altra parte, al di là di quale sarà l’atteggiamento della nuova Commissione sui parametri di bilancio, una vera svolta può arrivare solo da qualcosa di concreto.

Per esempio, con una Maastricht delle infrastrutture, che dovremmo essere noi i primi a volere vista lo stato di precarietà della nostra dotazione infrastrutturale. Insomma, una sorta di piano Marshall – di cui anche gli altri paesi hanno bisogno, seppure in diversa misura, per mettersi in sicurezza e ammodernarsi – che consenta di spendere in deroga ai vincoli di bilancio, ma sotto il controllo di Bruxelles. Se s’invoca una nuova Europa, questo sarebbe un modo serio e non strumentale di realizzarla.

Corollario naturale di questo nuovo “patto”, poi, dovrebbe essere l’istituzione di una “golden rule” con cui scorporare in modo stabile gli investimenti pubblici in conto capitale dal calcolo del deficit e dai vincoli del patto di stabilità. Nel concreto, dovrebbero essere escluse le spese pubbliche per piccole e grandi infrastrutture, quelle in conoscenza e innovazione e il cofinanziamento nazionale ai fondi europei. Questa sarebbe una “regola aurea” con cui considerare in modo diverso le uscite per le generazioni future da quelle correnti e, soprattutto, rilanciare lo sviluppo e invertire la rotta. Non è un caso che dal 2008 la spesa corrente sia rimasta sostanzialmente invariata, mentre quella in conto capitale sia crollata di oltre il 30% (del 42% se si prendono in considerazione gli anni Novanta). Un taglio che, oltre a denunciare una totale assenza di politica industriale, è il prodotto distorto dei vincoli di bilancio imposti dalle regole europee fin dal Trattato di Maastricht. Per cui sarebbe indispensabile intervenire.

Senza dimenticare che l’Europa ha una potenza economica paragonabile a quella di Stati Uniti e Cina, ma non ha certo la stessa forza negoziale, visto che ogni Paese va per conto proprio. Per esempio, in campo energetico ogni Stato ha oggi interessi divergenti, essendo alternativamente dipendenti da fornitori (instabili) come Russia, Libia o Egitto. E se per 15 anni l’Europa ha agito su liberalizzazioni e privatizzazioni, non ha però mai armonizzato le regole. Ma se i vari Stati sono squilibrati tra loro, invece le rinnovabili italiane, l’idroelettrico austriaco, il carbone tedesco, il nucleare francese, gli idrocarburi scozzesi, formano a livello continentale un discreto mix, bilanciato e tecnologicamente integrato. La soluzione è metterli insieme, creando una unione energetica europea, qualcosa che stia tra il patto di Maastricht e il piano di unione bancaria, con cui cedere sovranità e unire le forze. Concretamente, prima di tutto unendo i dispacciatori nazionali tipo Terna in unico soggetto europeo (come suggerito Francesco Starace di Enel), un player globale dall’immenso potere negoziale.

L’Europa dopo il voto sarà davanti a un bivio: da una parte maggiore integrazione, dall’altra totale disintegrazione. Qui ci sono tre passi nella prima direzione. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.