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Riflessioni sulla Liberazione

Dietro il 25 Aprile

Il pensiero di Davide Giacalone

di Davide Giacalone - 25 aprile 2019

Il fascismo fu un prodotto italiano. Una pagina importante e vergognosa della nostra storia nazionale. Distrusse la democrazia esistente, precipitandoci fino all’infamia delle leggi raziali e il suicidio della guerra. Dispose di un vasto e, per molti aspetti, generale consenso. Ci furono anche gli oppositori, gli antifascisti, ma ridotti a piccola minoranza, assassinati, perseguitati, incarcerati, confinati e costretti alla fuga. Solo una minoranza di quella minoranza fu poi combattente. La storia del fascismo si chiuse in casa fascista, con il gran consiglio del 25 luglio 1943.

Subito dopo arrivò l’8 settembre, l’armistizio e la distruzione dello Stato. Era già in corso e da quel momento divenne conclamata una guerra civile, che non abbiamo mai voluto riconosce come tale. Ma tale fu, feroce e sanguinaria, come tutte le guerre civili. La Liberazione, il 25 aprile del 1945, fu liberazione, per mano di eserciti che erano entrati in guerra contro l’Italia, dall’occupante nazista, alleato prima del governo italiano e poi della Repubblica sociale, ovvero una delle parti di quella guerra civile. Fu, dunque, anche liberazione da noi stessi e dalla storia nefanda che avevamo costruito.

Il 25 aprile, anno dopo anno, torna a gola perché quella storia s’è pensato di accantonarla senza digerirla, mitizzandola. L’Italia fascista la si descriveva come antifascista. I partigiani come comunisti (ce ne furono tanti, certamente, rammentandoci che una parte dell’opposizione alla dittatura anelava un’altra dittatura). L’accordo consociativo era il solo collante capace di tenere assieme la realtà e il mito, salvo accusare di fascismo chiunque, in qualsiasi momento, lo mettesse in pericolo. Poi venne la stagione berlusconiana, con il travestimento partigiano (che bestemmia!) degli allora oppositori, successivamente a loro volta accusati di volere creare un “regime” (che scemenza!) non appena vincevano le elezioni (il che avveniva a turno, ogni volta che si votava). E ci si è ridotti al grottesco odierno, con nanerottoli ignoranti e arroganti che pretendono di continuare quella guerra civile fossile stando assieme al governo.

I miti sono pericolosi. Il fascismo si fertilizzò con il mito della “vittoria tradita”. Il terrorismo comunista degli anni settanta con il mito della “resistenza tradita”. Così infamando la Resistenza vera, che fu minoranza, sicuramente, ma di coraggiosi che consentirono all’Italia di riprendere il cammino dopo la distruzione, risparmiandoci l’annientamento (la Germania, la nostra alleata, pagò con la divisione, poi rimarginata a partire dal 1989, a guerra fredda vinta dall’Occidente). Con questa storia non abbiamo voluto fare i conti, lasciandola in mano a sacerdoti celebranti un rito dimentico delle ragioni del credo. Passando gli anni, impallidendo la memoria e crescendo l’ignoranza s’è pensato di mettere tutti sullo stesso piano, con sciocche pretese d’umana comprensione. Il risultato è stato il rigurgito di storie mai studiate e di vergogne assunte come identità nazionale. Roba fetida.

Dal 25 aprile prende le mosse una storia che ci ha portato a essere ricchi e liberi come non mai. Purtroppo né la ricchezza né la libertà difendono, da sole, dal rincoglionimento morale di chi non conosce e perciò non si riconosce.

 

Pubblicato da Formiche

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