ultimora
Public Policy

Tasse e bilancio

Condoniamo il fisco

Giungla fiscale, serve una riforma strutturale

di Enrico Cisnetto - 21 ottobre 2018

La paradossale tragicommedia di una potenziale crisi (di nervi) nel governo sulla depenalizzazione dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio contenuta nel decreto fiscale rischia di oscurare il reale problema, che è un rapporto disfunzionale tra Stato e contribuente. Uno dice: non si può andare avanti a suon di condoni, che sono un incentivo all’infedeltà fiscale. Giusto. L’altro dice: ma i condoni restano indispensabili fino a quando non cambierà il sistema tributario italiano. Vero. E allora come si quadra il cerchio? Utilizzando l’occasione per far contestualmente partire quella radicale riforma fiscale attesa da anni.

Come sa ogni impresa, ogni lavoratore autonomo, ogni cittadino che paga le tasse, il nostro sistema di riscossione è farraginoso, complesso, a tratti incoerente e vessatorio. E per quanto furbi e disonesti ci siano sempre, è anche vero che la stratificazione delle regole rende difficile essere a posto anche agli specchiati. Pertanto il condono, o pace fiscale – in questo caso non importa che piega prenda – può avere una sua utilità solo se è premessa di un intervento strutturale teso a creare un rapporto sano tra Stato e contribuente.

D’altra parte, il condono non può e non deve servire a fare cassa, e come per le due passate rottamazioni, gli incassi “una tantum” a consuntivo potrebbero rivelarsi minimi. Se pure qualcuno arriva a ipotizzare 6 miliardi di maggiori introiti, nel Draft Budgetary Plan inviato a Bruxelles c’è scritto (a pagina 18) che il maggior gettito atteso per il 2019 è solo di 180 milioni. Per adesso, la questione è ferma a Palazzo Chigi, il testo e la relazione tecnica ancora non ci sono, per cui è presto per giudicare. Tuttavia, oltre al condono fino a 100 mila euro, è evidente che le altre misure – la rottamazione ter, lo stralcio delle cartelle sotto i mille euro, lo sconto per chiudere le liti – servono a sistemare le cose per i piccoli contribuenti, ma non consentono grandi incassi.

In tutti i casi, nel mentre si sistema il pregresso, è necessario mettersi a posto per il futuro. I 540 miliardi di economia sommersa esistenti in Italia non possono essere aggrediti con il metodo Equitalia che, prima di essere riassorbita nell’Agenzia delle Entrate, aveva in pancia più di 800 miliardi di crediti non riscossi, solo una cinquantina dei quali davvero recuperabili. Segno che il sistema di repressione e coercizione, da solo, non funziona. In effetti, sono ben 21 milioni gli italiani con debiti tributari, ma circa la metà per meno di mille euro. A conferma che più che a un “popolo di evasori”, siamo davanti a cittadini che hanno difficoltà a rapportarsi con le complessità (per non dire astrusità) del fisco. E il rapporto è deteriorato non solo per l’elevata pressione fiscale, ma anche per l’inversione dell’onere della prova, per cui nella giungla di regole e regolette risulta facile formulare un’accusa, tanto poi tocca al contribuente dimostrare la propria innocenza. Inoltre, per gli adempimenti tributari in Italia serve il 55% del tempo in più rispetto ai concorrenti europei (Corte dei Conti) con un costo che pesa sui bilanci delle imprese per il 4% (Confindustria). Ed è folle avere 10 diversi adempimenti da 100 euro ciascuno piuttosto che uno da mille.

Vediamo come il governo risolverà il pasticcio, ma senza un intervento strutturale comunque vada sarà un insuccesso. (twitter @ecisnetto)

Social feed




documenti

Test

chi siamo

Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.