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Manovra e UE

I segnali dell'Europa

Il pressing di Bruxelles su debito e conti pubblici

di Enrico Cisnetto - 01 aprile 2018

Faremmo bene a non sottovalutare i segnali che ci arrivano da Bruxelles. Negli ultimi giorni la Ue ci ha detto senza giri di parole tre cose: dovete “obbligatoriamente” predisporre il DEF entro e non oltre la scadenza del 30 aprile, respingendo così le informali richieste di rinvio di presentazione del documento previsionale di economia e finanza; c’è uno scarto di circa 5 miliardi nei conti 2018 rispetto a quanto previsto nella manovra di bilancio presentata dal governo Gentiloni a fine 2017, e dunque andrà fatta una manovra correttiva; ricordatevi che per il 2019, a saldi invariati, occorrono 25 miliardi, se non volete che scattino le clausole di salvaguardia (leggi l’aumento dell’Iva). E siccome non sappiamo se e quando nascerà il prossimo governo, quello in carica per gli “affari correnti” è necessario che faccia di necessità virtù. Tanto più che nel neonato parlamento si stanno istituendo commissioni speciali per l’esame dei provvedimenti urgenti, a cominciare proprio dal DEF.

Sia chiaro, il documento di programmazione economica non è mai stato la Bibbia. Né vincolante per chi lo ha scritto, né indicativo per i mercati. Basato su previsioni macro-economiche molto sovrastimate (tranne l’ultima volta), tutti l’hanno sempre preso con le molle, sapendo che successivamente sarebbe stato “aggiornato” con la nota autunnale e poi persino stravolto con la manovra di bilancio di fine anno. Tuttavia, in una fase delicata come questa, con una campagna elettorale che ha ubriacato di promesse mirabolanti – flat tax e reddito di cittadinanza in testa – e di preannunci di interventi pesanti, come l’abolizione o comunque la revisione in senso attenuativo della legge Fornero, scrivere un DEF che contenga delle linee di programmazione ragionevoli è cosa della massima importanza, in modo da stabilire un ancoraggio per la futura ma ineludibile discussione con Bruxelles. E per il governo Gentiloni non sarebbe uno sconfinamento, ma solo l’assunzione di opportune responsabilità.

Si dice: e se il prossimo esecutivo avesse ben altre intenzioni rispetto a quanto scritto nel DEF? Certo, è possibile (anzi, temo sia probabile). Ma, da un lato, ci sarà di modo di cambiare linea: se il DEF non lo hanno quasi mai rispettato gli autori, figuriamoci chi ne è estraneo. Dall’altro lato, tutto si potrà fare meno che sottrarsi al confronto con la Ue, ed è bene farlo – chiunque sarà a farlo – avendo messo nero su bianco ciò che deriva dai vincoli europei. Si possono (e si debbono) contestare le rigidità delle regole europee, ma non con furbesche violazioni degli impegni assunti, sforando i vincoli senza criterio né strategia. Per contrattare al tavolo europeo bisogna essere seri e coerenti, definendo come e perché certe limiti debbano essere rivisti. Abbiamo preso impegni per un totale di circa 30 miliardi. Ora, il prossimo governo potrebbe anche fare dell’Italia l’unico paese che supera il tetto del 3% di deficit-pil. Ma prima deve nascere. E dato che l’attesa potrebbe anche essere molto lunga, è bene che nel frattempo quello in carica continui a fare il suo lavoro. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.