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  • 20171210 - Commissione sulle banche

Banche, vigilanza e campagna elettorale

La commissione boomerang

I problemi del sistema creditizio accentuati dalla crisi

di Enrico Cisnetto - 10 dicembre 2017

Confesso che non ho ancora capito perché si sia voluto a tutti i costi costituire la commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. O meglio, non riesco a credere che i partiti non abbiano colto il rischio che diventasse un boomerang. Per il semplice motivo che in politica vale il principio della responsabilità oggettiva, e quella maggiore nelle vicende che sono sotto i riflettori ce l’hanno i governi e i parlamenti che, pur venendo da lontano la crisi delle banche, sono stati solo spettatori. Se poi si tenta, come è sempre più evidente, di usare i lavori della commissione come strumento di campagna elettorale, confondendo – come ha giustamente detto il presidente Casini – i ladri con le guardie, allora davvero ci si fa del male da soli. Stile Tafazzi. Perché chi si candida al governo del Paese per domarne i problemi, non può anche fare l’incendiario. Non paga, produce solo astensionismo.

Non c’è dubbio che nel sistema creditizio italiano molte cose non abbiano funzionato. Ma ci sono spiegazioni ben più complesse degli slogan che si sentono urlare. Intanto, in un paese bancocentrico, cioè dove da sempre il capitalismo dipende in modo totale, e dunque anomalo, dai finanziamenti bancari, e dopo una crisi decennale che ha mangiato 10 punti di pil ed eroso un quarto della capacità produttiva, mica si può pensare che le banche potessero restare un’oasi di felicità. Tanto più se quel paese ha un enorme debito pubblico e i titoli del Tesoro sono stati in gran parte stipati nei portafogli delle banche. Inoltre, tutto questo è coinciso con la creazione dell’unione bancaria europea e il trasferimento alla Bce di gran parte del potere, regolatorio e di sorveglianza, che una volta era delle singole banche centrali. Potere che parla molte lingue, meno l’italiano, nonostante Draghi. Si dirà: e le colpe dei banchieri? E le colpe dei vigilanti? Ci sono, certo che ci sono. Ma o sono di natura penale, e allora ci pensi la magistratura. O sono di natura sistemica, e allora ci pensi la politica, ma con le riforme. Peccato, però, che tutto questo sia ben poco traducibile in slogan elettorali.

Invece, occorre che il lavoro parlamentare si concluda in modo costruttivo. Per questo sarebbe importante che qualcuno raccogliesse la proposta lanciata dal presidente dell’Abi Patuelli perché nell’ultimo scorcio di legislatura, anche a Camere sciolte, si vari definitivamente la riforma del diritto fallimentare, o meglio si facciano i decreti attuativi per rendere la riforma operativa. Perché se è vero che il nostro sistema bancario è afflitto da un eccesso di crediti in sofferenza, e che solo una parte di essi è stata fin qui smaltita – un quarto del totale, peraltro con oneri eccessivi per le banche – il rimedio migliore per completare l’opera di pulizia dei bilanci è quello di rendere decenti tempi e modalità di funzionamento della giustizia, in modo tale che sia più facile recuperare i crediti deteriorati.Non è l’unica cosa che serve per ripristinare la normalità del sistema creditizio, ma sarebbe un passo avanti decisivo. Non meno del processo, già avviato, di consolidamento delle banche, che ci consentirà di passare dalle circa 700 banche del 2016 a 110. E non meno del processo di trasformazione degli istituti, questo avviato con troppa lentezza e incertezza, verso la dimensione 4.0 del modo di fare banca. (twitter @ecisnetto)

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