Paradisi fiscali
Europa a rischio inefficacia
di Giuseppe Pennisi - 29 novembre 2017
Ieri sono terminate la audizioni del Parlamento Europeo sul 'denaro sporco' nella Ue. Dai lavori usciranno probabilmente proposte di riforme profonde della normativa comunitaria per giungere a una maggiore trasparenza delle 'shell companies' (aziende, spesso piccole, che fanno da copertura ad altre operanti nei singoli Stati membri) e delle fiduciarie (che spesso celano i semi della corruzione). Il Parlamento ha fatto un buon lavoro e dato la priorità alla lotta al crimine finanziario. È, pero, solo un primo passo: le procedure UE richiedono infatti l’iniziativa normativa della Commissione e una decisione congiunta tra Pe e Consiglio dei Ministri Economici e Finanziaria.
Un buon segno dovrebbe darlo la Commissione quando tra un mese pubblicherà l’elenco di quelli che considera Paesi dove non operare. Ci si augura di essere smentiti, ma le bozze che circolano a Bruxelles mostrano che, nonostante le prove portate al PE, Cipro, Malta ed Irlanda non compaiono nell’elenco in fase di messa a punto. Non volere ammettere che c’è del marcio all’interno della UE non giova certo alla causa europea. Se c’è (come pare), meglio ripulirlo al più presto. Ancora più difficile il passaggio al livello politico Ecofin. Dopo mesi di negoziati sulle implicazioni dei 'Paradise Papers', i funzionari delegati dai Ministri non sono giunti a nessuna intesa. E si trattava solo di uniformazione delle norme anti- riciclaggio. Ora il piatto servito dal PE è più vasto. Da quello che si apprende, Francia e Spagna sarebbero gli Stati più favorevoli ad un’iniziativa normativa europea mentre Germania e Gran Bretagna i più disposti a chiudere un occhio. L’Italia, come sempre, farebbe il mediatore.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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