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Numeri e previsioni

I rating non sono tutti uguali

Perché divergono i giudizi delle agenzie di rating sulla solidità di un Paese?

di Giuseppe Pennisi - 01 febbraio 2017

Le agenzie di rating e i voti che attribuiscono sono croce e delizia di Governi e investitori. Domani scadono i termini della risposta dell’Italia alla lettera dell’Unione Europea con cui si chiede al nostro Paese di modificare il deficit di bilancio previsto per l’anno in corso: la correzione richiesta è di 3,4 miliardi di euro. Se le autorità europee non vengono soddisfatte scatterebbe una procedura d’infrazione. «Una procedura d’infrazione sarebbe un grosso problema in termini di reputazione che l’Italia ha costruito, sarebbe un’inversione a U rispetto a quello che è stato costruito fino ad adesso»: così ha risposto alla stampa il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, a Bruxelles per l’Ecofin. Per l’Italia sarebbe un «grande problema» se la Commissione europea dovesse bocciare il bilancio 2017. In effetti a Via XX Settembre e dintorni, si temono in particolare le reazioni delle agenzie di rating. Un eventuale ulteriore ribasso del nostro rating potrebbe fare scattare una vera fuga dai titoli di Stato italiani, con effetti gravissimi sul nostro debito pubblici e sul suo rifinanziamento alle scadenze. Già oggi non siamo messi particolarmente bene tra i Paesi industrializzati a economia di mercato, come indica la tabella:

Nazione

S&Poor’s

Moody’s

Fitch

Dagong

Italia

BBB-

Baa2

BBB+

BBB-

Germania

AAA

Aaa

AAA

AA+

Francia

AA

Aa2

AA

A+

Spagna

BBB+

Baa2

BBB+

BBB+

Portogallo

BB

Ba1

BB+

BB

Stati Uniti d’America

AA+

Aaa

AAA

A-

Regno Unito

AA

Aa1

AA

A+

Giappone

A+

A1

A

A+

Svizzera

AAA

Aaa

AAA

AAA

Federazione Russa

BB+

Ba1

BBB-

A

Canada

AAA

Aaa

AAA

AA+

Australia

AAA

Aaa

AAA

AA+

Sono piuttosto noti i criteri micro-economici e finanziari che le agenzie di rating utilizzano quando valutano un’azienda: tasso di rendimento, flusso di cassa, margine operativo lordo, tasso di indebitamento e via discorrendo. In breve, gli attrezzi del mestiere del’analisi finanziaria e della matematico attuariale. Meno conosciuti i criteri impiegati per valutare lo stato attuale e le prospettive future di un Paese nonché la loro evoluzione negli ultimi anni. Risponde questa domanda un utile paper di Antonio Afonso e di André Massena Alburqueque, ambedue dell’Università di Lisbona: “I cattivi abbinamenti nella valutazione dei crediti sovrani” (“Sovereign Credit Rating Mismatches“, ISEG Economics Department Working Paper No. WP 02/2017/DE/UECE).

Il lavoro esamina le differenze di valutazione da parte delle quattro maggiori agenzie di rating nel periodo 1980-2015. Viene impiegato un sistema statistico abbastanza sofisticato. Il primo risultato è che, contrariamente alle aspettative, negli ultimi dieci anni gli squilibri strutturali e la insolvenze hanno contato relativamente poco nel giudizio complessivo. Al contrario negli ultimi cinque anni le variabili che più hanno pesato sul ‘rating’ di un Paese sono stati il livello del debito netto, il Pil procapite e un’insolvenza. Ciascuna agenzia attribuisce un peso differente a questi principali indicatori; da qui ‘i cattivi abbinamenti’ e le discordanze. Un’insolvenza nei tre- cinque anni precedenti diminuisce la differenze di ‘rating’ tra S&P e Fitch. Una differenza nel debito estero, invece, riduce le divergenze tra S&P e Moody’s.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.