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La svolta del M5s in Europa

Beppe Grillo e l'ALDE

Cosa c'entrano i grillini con i liberali, repubblicani e federalisti europei?

di Livio Ghersi - 09 gennaio 2017

Beppe Grillo chiede agli iscritti al Movimento Cinque Stelle di pronunciarsi sulla collocazione futura dei parlamentari europei del Movimento e, in particolare, su una loro possibile adesione al Gruppo parlamentare dei liberal-democratici (ALDE) al Parlamento Europeo.

Immagino che non avrebbe promosso una consultazione degli iscritti tramite Rete se prima non avesse raggiunto una qualche intesa preventiva con i vertici dell'ALDE; il che significa che Guy Verhofstadt, attuale presidente del Gruppo dei Liberal-democratici, deve essere, non soltanto informato della questione, ma anche non ostile pregiudizialmente.

Forse non siamo molti in Italia ad essere interessati alle vicende dell'ALDE; che, ricordiamo, al momento non è il riferimento politico di alcun partito rappresentato in almeno una delle due Camere del Parlamento italiano. L'Italia ignora i liberal-democratici dell'ALDE, come hanno clamorosamente dimostrato le ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo nel 2014, quando la lista denominata Scelta europea, promossa proprio da Verhofstadt, ottenne soltanto 196.157 voti (0,71 %).

Continuano a seguire con attenzione quanto i liberal-democratici fanno al Parlamento Europeo soltanto quei non molti, tra liberi intellettuali ed ex politici di professione, che continuano a rivendicare orgogliosamente la propria identità culturale liberale, o repubblicana, o federalista europea. C'è, invece, un numero ragguardevole di liberali destrorsi, già berlusconiani, o tuttora tali, che di un gruppo minoritario come quello dell'ALDE non ha mai saputo cosa farsene: questi liberali destrorsi sono realisti e sentono il richiamo del potere. Il loro punto di riferimento, passato e presente, resta saldamente il Gruppo del Partito Popolare Europeo. Qualcuno potrebbe obiettare che l'anima storica di quel gruppo è cristiano democratica, certamente non laico liberale. Queste, tuttavia, sono questioni di logica politica che, in un mondo di apparenza, di messaggi semplificati, di comunicazione eterodiretta, non devono interessare il vasto pubblico. Il liberale berlusconiano risolverà il problema con un approccio sincretico: definiamoci "liberal-popolari" e non se ne parli più.

Ora Beppe Grillo, per sue strategie politiche, per suoi tornaconti pratico-utilitaristici, viene a scuoterci dalle nostre malinconie liberali e repubblicane. Non mancano le reazioni indignate ed è perfettamente logico e comprensibile che ci siano. Cito per tutti l'amico Pasquale Dante, animatore del Movimento politico culturale "Agorà liberale", che ha inviato una lettera di vibrante protesta proprio a Verhofstadt: Dante, ricorda, fra l'altro, che, in occasione di un appuntamento molto importante per il nostro Paese, le elezioni dell'Assemblea Costituente nel 1946, il liberale Benedetto Croce, al tempo presidente del PLI, non volle fare un'alleanza elettorale con i Qualunquisti di Guglielmo Gianninini. Tutto vero; ma anche a questo argomento si potrebbe replicare che stiamo parlando di Benedetto Croce e che nell'Italia del 1946 c'era ancora un numero sufficiente di persone in grado di comprenderne gli ideali ed i ragionamenti. Vedete qualche Benedetto Croce in giro nell'Italia odierna?

Il Movimento Cinque Stelle ritiene insufficiente la democrazia parlamentare rappresentativa e punta sulla democrazia diretta. Vuole abolire il principio costituzionale secondo cui «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» (articolo 67 Cost.). L'idea del parlamentare che non può andare oltre la delega ricevuta e che è tenuto a sottostare alla disciplina di partito può sembrare attraente soltanto a chi non veda al di là del proprio naso. Quando, il 29 agosto del 2013, la Camera dei Comuni del Regno Unito respinse, con 285 voti contro 272, la mozione presentata dall'allora Primo ministro David Cameron che chiedeva un intervento militare in Siria, risultarono decisivi 30 deputati conservatori e 9 deputati liberal-democratici, i quali votarono in dissenso rispetto ai gruppi di appartenenza. Si preferisce che nelle grandi questioni di coscienza, com'è appunto quella di decidere se fare una guerra, i parlamentari siano soltanto numeri che si sommano, secondo le direttive dei partiti? Se sono soltanto numeri, tanto vale non farli nemmeno votare: che votino soltanto i capigruppo! La nostra idea di democrazia liberale è decisamente diversa: in ogni contesto è la singola persona, con la sua testa e con la sua coscienza, a fare la differenza.

Noi liberali siamo altra cosa rispetto ai Cinque Stelle e non è possibile alcuna mescolanza strutturale. Ciò non esclude che si possano trovare occasionali convergenze per l'approvazione di singoli provvedimenti; prassi che in un libero Parlamento va seguita nei confronti di tutti i gruppi rappresentati. Non deve mai, quindi, essere motivo di scandalo.

La verità è che anche il Gruppo parlamentare dell'ALDE è politicamente debole: per la mancanza di un orientamento chiaro, prima che per l'esiguità dei numeri. In passato era un partito sovranazionale, l'Internazionale liberale, a preoccuparsi di fare chiarezza ideale e programmatica e a dare la linea. Il Gruppo dei liberal-democratici è una creatura relativamente recente, che risale alle prime elezioni dirette del Parlamento Europeo, nel 1976. Allora si chiamava gruppo dell'ELDR ed il presidente dell'Internazionale liberale, Giovanni Malagodi, riuscì a fare in modo che vi aderissero anche i repubblicani italiani di Ugo La Malfa.

Il Gruppo parlamentare è sempre stato occasione di convergenze politicamente discutibili, per l'unico obiettivo di determinare una massa numerica che potesse pesare di più negli equilibri parlamentari. Così, in passato, abbiamo avuto nell'ALDE gli amici di Prodi, di Rutelli e di Enrico Letta: certamente tutti amici dei liberali, ma con la chiara consapevolezza di avere un'identità diversa da quella dei liberali. Ciò che è peggio, abbiamo avuto nell'ALDE gli amici di Di Pietro, ossia l'Italia dei Valori.

Ecco, la vicenda del Movimento Cinque Stelle ricorda da vicino il precedente di Italia dei Valori. Che fu motivo di equivoci e di fraintendimenti anche per qualche liberale, il quale riteneva, magari in assoluta buona fede, ma a torto, che l'adesione all'ALDE significasse qualcosa nella sostanza.

Ora, grazie a quel precedente, sappiamo che, anche se l'accordo con il Movimento Cinque Stelle andrà in porto, si tratterà di un fatto di mera tattica parlamentare, roba da politica politicante.

Se liberali, repubblicani, federalisti europei, aspirano a qualcosa di diverso, si diano loro una mossa.

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