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  • 20161016 - Il paradosso dei prezzi bassi

I danni dei ribassi

Il paradosso dei prezzi bassi

Prezzi bassi e petrolio al rallenty doppia minaccia per l'economia

di Enrico Cisnetto - 16 ottobre 2016

Potremmo definirlo il paradosso del ribasso eccessivo. Quando i prezzi scendono troppo, non c’è più guadagno, ma una perdita. Può sembrare una contraddizione, ma il tasso di inflazione prossimo allo zero, il basso prezzo del petrolio, il deprezzamento dell’euro e di altre valute nazionali, creano più danni che vantaggi.

Prendete lo straordinario calo della sterlina cominciato dal referendum del 23 giugno (-18%), aggravatosi da quando Londra ha fissato per marzo prossimo l’avvio delle procedure per la Brexit. La moneta britannica, tornata ai livelli del 1848 se confrontata con le valute dei partner commerciali, è al record negativo con il dollaro degli ultimi 30 anni e spesso viene scambiata a meno di un euro – seppur il cambio ufficiale sia di 1,11 – perché tutti sono convinti che il suo valore debba ulteriormente scendere. Questo trend aiuta il turismo e le esportazioni, ma non certo le importazioni, il potere di acquisto dei cittadini e, in generale, il commercio internazionale. La bilancia commerciale britannica è in pesante passivo e gli effetti futuri della svalutazione potrebbero rivelarsi devastanti. Intanto, è emblematico che Tesco, la più grande catena di supermercati del reame e la terza al mondo, abbia deciso di togliere dai propri scaffali decine di prodotti di importazione, a cominciare da quelli Unilever, il cui prezzo è aumentato del 10% nelle ultime settimane.

Come in tutti i periodi di difficoltà economica si sta scatenando una guerra commerciale che mette a rischio il processo di internazionalizzazione dell’economia. Non è tanto l’interruzione delle trattative sul Ttip, trattato che avrebbe dovuto creare una maggiore integrazione tra le due sponde dell’Atlantico, ma il dato per cui il commercio mondiale, cresciuto ad un ritmo doppio rispetto al pil globale dal 1985 al 2007, adesso viaggia di pari passo alla crescita, segno che l’internazionalizzazione si è bloccata. Inoltre, è preoccupante che l’export cinese arretri (-2,8% ad agosto e -10% a settembre) nonostante il deprezzamento dello yuan. Una svalutazione che, oltre ad essere inefficace, potrebbe penalizzare la strategia cinese di trasformazione industriale, che in futuro prevede l’import di tecnologia dall’estero, come anche l’obiettivo di stimolare i consumi interni.

La guerra ribassista sul petrolio, poi, crea da tempo pesanti danni, con milioni di barili fermi sulle navi in giro per gli oceani. L’Opec è in crisi di credibilità, con il vertice di Istanbul che si è risolto in un nulla di fatto, mentre il tetto alla produzione di petrolio deciso ad Algeri 20 giorni fa appare un annuncio nominale difficile da raggiungere, poiché nessuno (Russia e Messico compresi) ha intenzione di tagliare la produzione. E con un’offerta stabilmente in eccesso, i prezzi rimarranno bassi a lungo, mettendo in difficoltà sia le compagnie dello shale americano, sia l’economia di interi paesi, come Iran, Venezuela o la medesima Russia.

Lo stesso deprezzamento dell’euro (circa il 30% da quando è partito il “bazooka” di Draghi) può aiutare l’export, ma complica la sostenibilità dei debiti europei, pubblici e privati. Non è un caso che l’enorme liquidità in circolazione e i bassi tassi di interesse facciano scattare l’allarme per l’esplosione di nuove “bolle”.

Gli sconti vanno bene, ma quando sono fuori dal normale c’è da preoccuparsi. (twitter @ecisnetto)

 

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.