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La campagna elettorale permanente

Fermate tutto, c'è da votare

Come si bloccano parlamento e governo in attesa delle urne di giungo e ottobre

di Massimo Pittarello - 19 maggio 2016

Fermate tutto, andiamo al voto. Le campagne elettorali costano soldi e fatica, ma anche il rallentamento delle attività parlamentari. E’ difficile quantificare, ma da qui a ottobre, con amministrative e referendum costituzionale, il rischio è che molti provvedimenti restino bloccati.

 

Prendete il ddl concorrenza. Una storia travagliata iniziata nel 2014 che, dopo le dimissioni di Guidi aveva subito l’ennesimo stop. Ora, nonostante la nomina di Calenda al Mise (anzi, forse proprio per questo, visto che il neo ministro vuole dettare la linea), in attesa delle amministrative è arrivato l’ennesimo rinvio al 7 giugno. E poi ci saranno i ballottaggi..

 

Lo stesso potrebbe verificarsi con il ddl sul consumo del suolo. Un primo disegno di legge era stato approvato dal governo Monti nel settembre 2012, ma le elezioni del 2013 hanno bloccato tutto. Ripartiti dal via, dopo quasi due anni, giovedì c’è stata l’approvazione definitiva della Camera. E’ ora probabile che la battaglia per i nuovi sindaci, a cominciare da quella di Fassino che è anche presidente dell’Anci, possa però alterare gli equilibri raggiunti.

 

Poi, è vero che sulle unioni civili il dibattito si era pienamente esaurito al Senato, ma il voto di fiducia imposto dal governo in una Camera dove la maggioranza è schiacciante induce a pensare che a Renzi servisse far presto (ed evitare ogni trappola) per poter sbandierare la legge in campagna elettorale.

 

Tanto più che l’approvazione può rafforzare sia il Pd nei confronti dei 5 Stelle (che sul tema hanno fatto #dietrofront), sia le candidature declinanti di Giachetti a Roma e Sala a Milano, che potrebbero così recuperare voti a sinistra. E non è un caso che, per distinguersi, il nipote di partigiani Alfio Marchini si sia affrettato a dire che “non celebrerà le unioni civili”.

 

Ma, dopo le amministrative d’estate, arriverà il referendum costituzionale, preceduto tra l’altro dal giudizio della Consulta sull’Italicum. Per cambiare la Costituzione serve che passino entrambi. Non impossibile, ma sicuramente difficile (do you remember Grossi, il presidente della Corte Costituzionale, per il quale era giusto votare sulle trivelle?).

 

Fino ad allora, se non sarà campagna elettorale permanente, l’azione politica sarà comunque frenata e condizionata. Renzi ha anche aperto molteplici fronti e sfidato una massa crescente di nemici, e la battaglia in stile “con me o contro di me” sarà lunga, estenuante e dura. Improbabile, allora, che vengano prese quelle decisioni drastiche di cui pure il nostro Paese avrebbe bisogno.

 

Gli effetti del non-governo si intravedono, per esempio, in Spagna, dove si tornerà al voto il 26 giugno dopo 6 mesi di campagna elettorale permanente. Madrid non centrerà l’obiettivo del 3% deficit-pil per quest’anno (quando era atteso), né per il prossimo, mentre il tasso di disoccupazione è tornato a salire. Ecco, c’è il pericolo che nella bagarre elettorale si pensi poco ai conti pubblici e all’economia, che poi è proprio il settore dove Renzi è più in difficoltà.

 

Ora, qualche spiffero che scende dal Quirinale dice che Mattarella sta lavorando ad alcune ipotesi di governo tecnico per rifare la legge elettorale e non farsi trovare impreparato dagli eventi. Infatti, se Renzi perdesse il referendum e tornasse a sciacquare i panni in Arno come ha promesso, non si potrebbe comunque tornare subito alle urne, perché bisognerebbe riscrivere la legge elettorale. Insomma, c’è una lunga e pericolosa campagna di fronte a noi. Intanto, facciamo tutti voto di speranza.

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