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Recuperiamo il tempo perso

Banda larga avanti tutta!

La banda larga e l'Enel sono un'occasione per crescere, con o senza Telecom 

di Enrico Cisnetto - 10 aprile 2016

Tutti insieme appassionatamente? Sarebbe bello. Ma se qualche veto (di fatto) impedisce di avere l’unanimità, l’importante è che un progetto di straordinaria utilità, e già in ritardo, come quello di offrire la banda larga al Paese per modernizzarlo, non attenda oltre. Sono anni che si parla di superare il digital divide, si lavora all’agenda digitale, si fantastica di autostrade informatiche, ma l’Italia resta uno tra i Paesi con la peggiore qualità di connettività d’Europa, con una penetrazione ferma al 22% contro una media Ue del 26,6%. Finalmente ora c’è un’opportunità concreta di ridurre il ritardo: dovendo l’Enel sostituire (obbligatoriamente) i suoi contatori nelle case, ecco l’occasione per portare in un sol colpo la fibra ottica direttamente dalle centraline in strada alle abitazioni (a differenza della vecchia rete telefonica di rame, quella elettrica arriva ovunque). Renzi ha promesso di coprire entro il 2020 il 100% del territorio a 30 megabit e il 50% a 100 megabit.

Ora, anche se gli annunci precedenti erano più ambiziosi (l’obiettivo di un anno fa era l’85% delle case a 100 megabit), comunque il piano di Enel Open Fiber, società creata per portare la banda larga elettrica in 224 città, oltre a prevedere 2,5 miliardi di euro di investimenti privati – quelli pubblici complessivi possono essere più del doppio – valorizza una rete elettrica che copre l’85% del territorio nazionale e aiuta l’economia (“il pil pro capite aumenterebbe di 3-4 punti”, dice l’Agcom). Senza contare che, finalmente, si torna a fare politica industriale. L’operazione Enel, infatti, si basa non solo su accordi commerciali già stretti (con Vodafone e Wind) ma anche su altri potenziali (come con Acea a Roma) per coprire aree nelle quali Enel non ha più una rete di distribuzione. Non di meno, sono fondamentali gli accordi industriali, a cominciare da quello con Metroweb. Dopo trattative travagliate con Telecom, il gioiello di Cdp che ha cablato con successo la Lombardia, potrebbe essere interamente conferito in una newco in cui resterebbero soci sia F2i (che detiene attualmente il 53,8% di Metroweb) che il Fondo Strategico di Cdp (al 46,2%), a cui si aggiungerebbe Enel Open Fiber ed eventuali soggetti esteri. Lo scopo è creare un gruppo che, per competenze e liquidità, possa avviare un piano industriale unico per la fibra e sanare almeno parte della cronica carenza infrastrutturale italiana.

Porta chiusa a Telecom? Sembrerebbe di no, stando agli inclusivi inviti di Renzi e Starace. Ma è Telecom, ora che ha un padrone vero, a doversi decidere. Possibile che investimenti mancati per due decenni arrivino proprio adesso? Oppure la strategia è banalmente quella di custodire la rete in rame fino alla sua dismissione, prevista tra circa 15 anni? Bolloré scelga. L’unica cosa che deve evitare è di raccontarci che, nel caso scelga la banda larga, c’è il rischio che Telecom debba licenziare parte dei 15 mila lavoratori che si occupano della rete, perchè lo sviluppo assicurato a tutto il Paese in termini di ricchezza, occupazione e crescita dalla banda larga è talmente grande da non temere comparazioni.

Insomma, l’eventuale – e probabile – defezione di Telecom non può bloccare tutto. E non bisogna aver paura di una “nuova Iri”. Anzi, visto il deserto industriale degli ultimi decenni e l’assenza di investimenti, sarebbe proprio quello che ci vuole. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.