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Mancata elezione giudici Costituzionali

Innominati Consulti

Più che del parlamento, la colpa dell'impasse è delle segreterie di partito 

di Gianfranco Pasquino - 27 novembre 2015

E’ del Parlamento la responsabilità/ colpa della lunga sequenza di votazioni senza esito per l’elezione di tre giudici costituzionali? Sì, sostengono il Presidente del Senato Pietro Grasso e la Presidente della Camera Laura Boldrini che deprecano e con toni severi invitano i parlamentari a rimediare prontamente. Sbagliano, entrambi. Invece di valorizzare i compiti e il ruolo delle Camere che presiedono, le colpevolizzano. Forse non disponendo di sufficienti conoscenze sul funzionamento dei partiti e delle istituzioni, Grasso e Boldrini non riescono a cogliere quelle che sono le vere cause dello stallo parlamentare. Fra non molto la Corte Costituzionale sarà probabilmente chiamata a valutare la costituzionalità di alcune clausole della nuova legge elettorale e la riforma del Senato nella sua interezza e nelle conseguenze sui rapporti fra Regioni e Senato delle autonomie e fra Senato e Camera dei deputati. Sono note le forti controversie che hanno accompagnato entrambe le riforme e sono plausibili i pericoli di rigetto e di richiesta di cambiamenti che possono derivare dalle sentenze della Corte che, è opportuno ricordarlo, con la sentenza n. 1 del gennaio 2014 ha fatto a pezzi, giustamente ancorché tardivamente, il Porcellum.

   I leader dei partiti del patto del Nazareno (PD, FI e la oramai quasi inesistente Scelta Civica) hanno approfittato della grande occasione che si offre loro di eleggere tre giudici costituzionali (uno solo non poteva essere lottizzato…) candidando un ex-parlamentare e un parlamentare di lungo corso e un giurista Presidente in carica dell’Antitrust, disposti, a giudicare da molte loro esternazioni, a difendere gli esiti istituzionali e costituzionali delle riforme fatte. Non soltanto quasi nessuno dei parlamentari è stato coinvolto in queste scelte, ma i dirigenti dei tre partiti hanno fatto strame di qualsiasi opportunità di consentire ad un gruppo, il Movimento 5 Stelle, che è stato votato da un quarto degli italiani, di discutere delle candidature nell’ottica “rappresentativa”, sempre rispettata nella prima lunga fase della Repubblica, di esprimere un giudice costituzionale.

   Ieri e oggi, una parte di parlamentari, ovviamente a partire da quelli delle 5 Stelle, si rifiuta di svolgere semplicemente il compito di passacarte dei leader dei partiti del Nazareno e del governo, per di più avendo capito perfettamente che l’obiettivo perseguito è “addomesticare” la Corte con tre nomine fortemente partitiche. A questo punto, sembrerebbe il caso che i Presidenti Grasso e Boldrini, invece di criticare i parlamentari, valorizzassero il ruolo del Parlamento che, da un lato, non può ridursi a ratificare le scelte fatte dai partiti e, dall’altro, deve tornare ad essere l’istituzione che controlla l’operato del governo. Nella misura del possibile che, purtroppo, si va restringendo, i giudici costituzionali dovrebbero rappresentare culture politiche, oramai evanescenti, e culture giuridiche, non rigide posizioni partitiche. Quando non è così, è giusto che i parlamentari esprimano con il voto o con l’astensione (comportamenti nei quali, naturalmente, possono confluire motivazioni diverse, in particolare, in questo caso, dissenso sulle riforme) la loro contrarietà a candidature imposte dall’alto. E’ contro queste imposizioni che i Presidenti delle Camere dovrebbero protestare vibratamente non prestandosi a fare da cinghia di trasmissione dei partiti firmatari dello scellerato patto del Nazareno.  

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