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Pasticcio Italia

Tre Paesi e una crisi. Troika, Abenomics e l'indecisionismo italiano

di Enrico Cisnetto - 14 dicembre 2014

Ci sono tre paesi che punteggiano il mondo di crisi economiche gravi o comunque significative: Grecia, Giappone e Italia. I primi due hanno adottato politiche opposte, ma essendosi rivelate per altrettanto opposti motivi fallaci, cercano rimedio nelle elezioni. In Grecia il pil è tornato a crescere nel terzo trimestre (+0,7%) con la Ue che prevede una crescita dello +0,6% a fine 2014, del 2,9% nel 2015 e del 3,7% nel 2016. O almeno prevedeva fino a lunedì scorso, quando il premier Samaras ha anticipato il voto sul presidente della Repubblica a mercoledì prossimo. La maggioranza in Parlamento è però solo di 155 seggi su 300, insufficienti per raggiungere il quorum dei 2/3 nelle prime due votazioni e poi dei 3/5 nella terza e ultima tornata. Di fronte ad un’eventuale paralisi si andrà al voto e Alexis Tsipras, candidato della favorita sinistra radicale, ha già annunciato che vuole ristrutturare il debito pubblico. Così si è scatenato il panico, in soli 4 giorni la Borsa di Atene ha perso più del 22%, con i rendimenti dei titoli di Stato schizzati oltre il tetto del 10%. Diagnosi: la cura da cavallo imposta agli ellenici dalla “troika” ha dato un qualche esito macroeconomico, evitando il default, ma le medicine hanno debilitato un paziente che già soffriva di una disoccupazione al 25%, di una perdita del potere d’acquisto del 30% e di una recessione che in 6 anni ha bruciato un quarto del pil. Con il risultato che alla prima occasione i cittadini, storicamente abituati a vivere al di sopra delle loro possibilità, intendono far pagare la crisi sociale a quelle forze politiche che hanno aperto le porte al “commissariamento”.

In Giappone la situazione è esattamente rovesciata. A fine novembre il primo ministro giapponese Shinzo Abe aveva deciso di rilanciare la propria leadership andando al voto con due anni di anticipo. La decisione di Abe è stata dettata dalla necessità di ritardare l’impopolare varo di una nuova tassa sui consumi (l’aumento dell’Iva dal 5% all’8%). Difficile da digerire visto che da 13 mesi il reddito delle famiglie sta scendendo, ma resa necessaria dai pochi frutti prodotti dalla strategia economica del governo, la cosiddetta “abenomics”, che pur avendo immesso nel sistema una quantità enorme di liquidità, ha lasciato il paese alla deflazione che lo affligge da 15 anni e lo ha condannato a tornare alla recessione, in cui è caduto nell’ultimo trimestre. Ciononostante, anche se in calo, il consenso che il premier ancora riscuote tra i giapponesi pare gli permetterà di vincere lui, e non l’opposizione come in Grecia, elezioni (si tengono nella giornata di oggi) che appaiono un vero e proprio referendum sulla sua politica ultra espansiva.

E l’Italia? Com’è sua abitudine, ha scelto di non scegliere: né il rigore – se non quello imposto dall’Europa – né il deficit, che peraltro sarebbe una mezza leva mancando quella della politica monetaria. Non è una virtuosa “terza via”, la nostra, ma un pasticcio corredato di provvedimenti più annunciati che presi. Certo, nel nostro caso come in quello greco pesa l’incompiuta dell’euro, ma come si vede una ricetta per battere deflazione e recessiva, tanto più quando si sommano, non esiste. Ma questo a maggior ragione dovrebbe spingerci a cercare nuove strade, sperimentando nuove politiche, che io definisco liberal-keynesiane senza paura di cadere in un ossimoro. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.