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Public Policy

La certezza della pena come strumento educativo

Violenze e bullismi

Mentre tutti parlano di sicurezza rapinatori e teppisti se la ridono

di Cinzia Giachetti* - 13 novembre 2007

Alle notizie quotidiane di rapinatori che entrano nelle case per rubare, violentare e spesso uccidere, tecnica ormai assodata che proviene dell’Est Europeo, si aggiungono notizie, anche queste con cadenza periodica, di omicidi, violenze e atti di teppismo che vedono coinvolti anche i nostri giovani. Ormai l’allarme sicurezza fa parte del nostro quotidiano vivere e i cittadini chiedono azioni concrete allo Stato, ma non solo. Da parte dello Stato si richiederebbe di garantire la certezza della pena, a cominciare dai reati più piccoli, che oltre a “scoraggiare” i delinquenti stranieri, sarebbe più educativo anche per i nostri giovani che forse ritengono che atti di bullismo, di teppismo e bravate varie possano dare loro una leadership che non riescono a trovare con le “buone pratiche” dell’educazione e del comportamento civile. A mio parere qui esiste una forte responsabilità delle famiglie che troppo spesso apprezzano, scherzano e talvolta incoraggiano certi atteggiamenti dei figli, sottovalutando il fatto che è proprio così che si prende un cammino tortuoso della vita da cui non si esce più. Vi sarà capitato anche a voi di assistere ad una partita di calcio di ragazzi di 12-13 anni e di vedere e sentire i genitori che offendono e aggrediscono l’arbitro e gli altri ragazzi che stanno giocando. Come vi sarà capitato se avete avuto, come me, una breve esperienza di insegnate, di fare un nota negativa ad un alunno e di avere il giorno dopo i genitori che ti aggrediscono perché il figlio ha sempre ragione. Non ci possiamo lamentare se poi questi ragazzi vanno a fare i teppisti allo stadio. Ricordo che i miei genitori da piccola mi hanno sempre trasmesso il rispetto per le persone, per gli insegnanti, per le cose e sono cresciuta con dei valori che oggi riscopro proprio perché per me erano scontanti, mentre per i giovani di oggi non esistono.

La legalità non dovrebbe mai essere persa di vista, nemmeno per le piccole cose e coloro che sono preposti alla tutela della legalità devono essere messi in condizioni di farla rispettare sempre. La politica di destra e sinistra non deve andare avanti facendo demagogia e lanciando slogan per accaparrarsi voti. Ad esempio nel caso degli extracomunitari e/o cittadini del mondo in genere, se sono delinquenti devono essere puniti e la pena deve essere scontata. Perché si devono fare tante polemiche intorno alle persone che commettono violenze, furti, omicidi, insomma che sono delinquenti. Da un lato si richiama quell’accoglienza per l’integrazione che non si capisce perché dovrebbe essere applicata ai delinquenti, ma casomai a coloro che arrivano in Italia e osservano le nostre leggi. E invece si tollera che anche in televisione vengano intervistate extracomunitari che molto candidamente dicono “noi non troviamo lavoro e siamo costretti a rubare ma non ammazziamo nessuno”. Questo e’ inaccettabile, il furto è un reato e va punito, mentre certa politica si vorrebbe adoperare per aiutare queste persone ad avere vitto e alloggio a spese del nostro Stato. Ma è proprio da chi vive nella piccola illegalità che poi vengono commessi sempre in atti più gravi.

Se vogliamo parlare di educazione, di valori, di rispetto da insegnare ai nostri figli, come possiamo giustificare loro la tolleranza verso invece chi certi valori neanche li conosce. Lo Stato dovrebbe attivare politiche per l’integrazione prima di tutto con dei percorsi formativi che andrebbero prima adattati alle scuole dei paesi di provenienza dei cittadini stranieri e ripresi nel nostro paese come continuazione di un ciclo educativo. E’ sulle generazioni più giovani che si deve contare per costruire un futuro migliore in termini di civiltà, rispetto della legalità e integrazione. Sperare di integrare coloro che sono stati educati a rubare e a delinquere fin da piccoli è una battaglia persa e che oggi delinque in Italia deve rassegnarsi a tornare nel proprio paese o a scontare una pena certa in galera.

Mi sono sempre chiesta come mai non esiste una legge che permette a chi è condannato in un paese di andare a scontare la pena nel proprio paese di origine. Questo risolverebbe per il nostro Stato il problema di caricarsi della spesa dei detenuti stranieri, del sovraffollamento delle carceri e addirittura, risparmiando sulla spesa, di trovare le risorse per mettere a disposizione mezzi di trasporto per accompagnare gli “indesiderati” nei loro paesi di origine. Del resto se facciamo i conti di quanto costa un detenuto al nostro Stato sono certa che il viaggio aereo corrisponde a pochi giorni di detenzione e quindi è sicuramente un risparmio e una spesa ammortizzabile in poco tempo.

Per ritrovare la legalità si devono fare leggi che garantiscano la pena anche dei reati più piccoli, si devono rafforzare le strutture e le persone preposte al controllo del rispetto delle leggi, si devono aiutare le famiglie a capire come correggere e non approvare certe bravate dei figli, si deve regolamentare la presenza di cittadini stranieri nel nostro paese ed evitare che il clima di terrore aumenti e che i cittadini si facciano giustizia da soli. La maggioranza dei cittadini italiani in questi ultimi 2 anni è stata costretta a adottare impianti di allarme sofisticati e a mettersi in casa difese di vario tipo. C’e’ chi ha in casa armi da caccia minaccia di usarle se fosse necessario, c’e’ chi si è organizzato con guardie private, ma tutto questo è fuori dal quieto vivere e per chi come me ha provato queste esperienze, fortunatamente sventate prima senza conseguenze, vive sempre con la paura di rientrare a casa.

Direttore Innovazione e Trasferimento Tecnologico – CPR - Pisa
Presidente Federmanager - Pisa,
Presidente Progetti Man

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.