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Metalmeccanici: un passo avanti è stato fatto

Vero accordo o solo appannaggio?

E adesso non resta che attendere una migliore condizione reddituale dei lavoratori dipendenti

di Alessandra Servidori - 22 gennaio 2008

E così i metalmeccanici ce l’hanno fatta. La mediazione del governo ha sortito quel risultato che molti mesi di trattativa non avevano potuto assicurare. In verità, più che il ha potuto il , anzi la paura di un lungo periodo di . La situazione politica è ad un passo dall’abisso; tra pochi giorni potrebbe scoppiare una crisi di governo di difficile soluzione tanto da portare il paese alle elezioni anticipate in primavera. Meglio accontentarsi dell’uovo oggi – si saranno detti Rinaldini e Cremaschi – piuttosto che aspettare di banchettare con il pollo in un incerto domani. A quanto è dato comprendere dalle sintetiche notizie di queste ore, sono i sindacati ad aver messo più fieno in cascina. L’aumento salariale conseguito è vicino alle richieste della piattaforma e di flessibilità alle imprese ne è stata concessa abbastanza poca.

Sul contratto dei metalmeccanici incombe un singolare destino: quello di essere la cartina di tornasole dei rapporti tra la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo e la Cgil. All’inizio del suo mandato LCdM si trovò a gestire un difficile rapporto tra sindacati e Federmeccanica che condizionava la ricerca di un nuovo modello di relazioni industriali. Oggi, trascorsi inutilmente quattro anni, le cose sono ancora al punto di partenza. L’accordo di rinnovo di ieri non è il primo di una nuova stagione ma l’ultimo di una vecchia che non vuole cedere il passo. Vedremo quali saranno le reazioni delle Confederazioni che, nei giorni scorsi, avevano minacciato il ricorso allo sciopero generale se non interverranno risposte concrete da parte del governo su quei benefici di carattere fiscale che, insieme agli aumenti contrattuali, dovrebbero migliorare la condizione reddituale dei lavoratori dipendenti.

Anche in questa vicenda vi sono delle posizioni strumentali legate ai sussulti del quadro politico. I dirigenti sindacali sanno benissimo che, prima della trimestrale di cassa, il governo non è in grado di determinare l’ammontare delle risorse da destinare all’operazione . Cgil, Cisl e Uil alzano la voce per motivi politici; non vogliono restare da sole a far la guardia ad un bidone (il governo Prodi) ormai abbandonato al suo destino persino da Walter Veltroni. Sulla questione salari è intervento in queste ore – con la consueta – autorevolezza – il Governatore Mario Draghi, la personalità che, mesi or sono, aveva sollevato l’allarme. Ridurre la pressione fiscale – ha detto Draghi – necessario e giusto, ma tale misura deve essere accompagnata da una riduzione della spesa pubblica: un monito che somiglia ad una voce che urla nel deserto (della politica). Si parla di un aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Con i chiari di luna dei mercati finanziari non sembra proprio il momento adatto. Poi, i lavoratori sono anche dei risparmiatori. Non saranno contenti se quanto ricevono in più in busta paga verrà prelevato dal individuale.

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