Il costoso ritorno dei reali di casa Savoia
Và fuori d'Italia, và fuori o Savoia!
Le amare conseguenze di un Paese che sceglie in maniera incoerente e poco democraticadi Luca Bagatin - 26 novembre 2007
Non sarebbero mai dovuti rientrare, ma, tant"è: l"Italia confermò di essere Paese incoerente e assai poco democratico e così, unite Cdl e Ulivo (come sempre del resto), nel 2002, abrogarono il primo ed il secondo comma della XII disposizione della Costituente Repubblicana, che vietavano rispettivamente l"esercizio dei diritti politici ai membri ed ai discendenti di Casa Savoia, nonché l"ingresso ed il soggiorno in Italia ai discendenti maschi della famiglia.
Oggi i Savoia, non paghi, chiedono 260 milioni di euro allo Stato italiano come risarcimento per i danni morali subìti in 54 anni di esilio: 170 milioni li vuole Vittorio Emanuele; 90 suo figlio Emanuele Filiberto, oltre agli interessi sulle somme richieste, nonché la restituzione dei beni confiscati dallo Stato al momento della nascita della Repubblica Italiana. Definire "nobile", poi, casa Savoia, appare un eufemismo. Già nel Risorgimento, se non vi fosse stata alcuna pressione da parte della borghesia illuminata, dei mazziniani, dei garibaldini e dei massoni, Casa Savoia non avrebbe mosso un dito per la causa italiana.
Negli anni "20 del "900, poi, Casa Savoia si alleò al nascente fascismo garantendo l"ascesa del Cavalier Benito Mussolini, con il concorso della Chiesa cattolica e della grande industria. Bella roba, bella storia: in barba all"Italia liberale e risorgimentale. Ricordate poi il caso delle intercettazioni telefoniche di Vittorio Emanuele (Quarto ?), il suo definirsi "cacciatore" (leggi "puttaniere") e l"affare che lo vide coinvolto per aver ucciso il giovane Dirk Hamer nel 1978 in Corsica e la sua conseguente assoluzione (che anni dopo lo fece dichiarare orgoglioso di aver "fregato" i giudici francesi)?
Eh, sì, proprio "nobilissimi" questi Savoia che hanno patito "le pene dell"Inferno" nella loro villetta svizzera per tanti anni e che ora ne chiedono risarcimento facendo appello financo alla Corte Europea dei Diritti dell"Uomo. La dignità ci impone di rivisitare il risorgimentale ""Inno di Gaibaldi" quantomeno canticchiando graziosamente: "Và fuori d"Italia, và fuori ch"è l"ora! Và fuori d"Italia, và fuori o Savoia!"
www.lucabagatin.ilcannocchiale.it
Oggi i Savoia, non paghi, chiedono 260 milioni di euro allo Stato italiano come risarcimento per i danni morali subìti in 54 anni di esilio: 170 milioni li vuole Vittorio Emanuele; 90 suo figlio Emanuele Filiberto, oltre agli interessi sulle somme richieste, nonché la restituzione dei beni confiscati dallo Stato al momento della nascita della Repubblica Italiana. Definire "nobile", poi, casa Savoia, appare un eufemismo. Già nel Risorgimento, se non vi fosse stata alcuna pressione da parte della borghesia illuminata, dei mazziniani, dei garibaldini e dei massoni, Casa Savoia non avrebbe mosso un dito per la causa italiana.
Negli anni "20 del "900, poi, Casa Savoia si alleò al nascente fascismo garantendo l"ascesa del Cavalier Benito Mussolini, con il concorso della Chiesa cattolica e della grande industria. Bella roba, bella storia: in barba all"Italia liberale e risorgimentale. Ricordate poi il caso delle intercettazioni telefoniche di Vittorio Emanuele (Quarto ?), il suo definirsi "cacciatore" (leggi "puttaniere") e l"affare che lo vide coinvolto per aver ucciso il giovane Dirk Hamer nel 1978 in Corsica e la sua conseguente assoluzione (che anni dopo lo fece dichiarare orgoglioso di aver "fregato" i giudici francesi)?
Eh, sì, proprio "nobilissimi" questi Savoia che hanno patito "le pene dell"Inferno" nella loro villetta svizzera per tanti anni e che ora ne chiedono risarcimento facendo appello financo alla Corte Europea dei Diritti dell"Uomo. La dignità ci impone di rivisitare il risorgimentale ""Inno di Gaibaldi" quantomeno canticchiando graziosamente: "Và fuori d"Italia, và fuori ch"è l"ora! Và fuori d"Italia, và fuori o Savoia!"
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.