Andiamoci piano con le conclusioni affrettate
Usa, Paese saggio ed esemplare
Bush ha auspicato un accordo tra Casa Bianca e Campidoglio. Nessun inciucio, ma realismodi Davide Giacalone - 09 novembre 2006
Secondo i giornali italiani Gorge W. Bush sarebbe il grande sconfitto delle elezioni di medio termine, che hanno consegnato la maggioranza degli eletti ai democratici. Bush ha perso, non c’è dubbio, ma sarà bene ricordare che il presidente è alla metà del suo secondo mandato, il che significa che, secondo la costituzione statunitense, egli ha vinto il vincibile e non può più competere personalmente. Ma questa non è la sola ragione per cui ci si dovrebbe andar piano a tirar conclusioni affrettate.
Dopo il risultato Bush si è rivolto al partito antagonista, indicando la via della collaborazione. Non si tratta di una formula politica inciucista, e men che meno buonista, ma della presa d’atto che la presidenza ed il parlamento hanno indirizzi politici diversi, quindi o si collabora o si ferma tutto. Quella di Bush non è un’offerta generosa, ma mero realismo. Ciò, naturalmente, significa che la presidenza dovrà rinunciare ad alcune sue durezze. E qui gli europei pensano subito all’Iraq, sbagliando.
Intanto perché non c’è solo l’Iraq, in questo mondo ed in quello dell’islamismo aggressivo. Poi perché in Iraq sono stati commessi errori gravi, di cui l’amministrazione paga il prezzo anche con la perdita di Rumsfeld, ma non è in discussione l’opportunità di vincere, bensì il modo. Il che, a questo punto, è una fortuna per tutti. Non ci sarà nessun ritiro, per intenderci. Mentre, invece, nel settore della politica fiscale la presidenza dovrà far rientrare parte del proprio programma, consegnando un orizzonte futuro dove la discesa delle aliquote marginali è alquanto incerta.
In tutto questo, continuo ad essere ammirato dalla saggezza intrinseca del sistema istituzionale americano. Le elezioni di medio termine hanno segnalato che non c’è gran spazio per gli estremismi, i candidati che si preparano alle presidenziali del 2008 sanno che non si arriverà alla Casa Bianca predicando i programmi storici dei liberal o pregando assieme agli evangelici. La politica statunitense è fatta in modo che i due grandi partiti si contaminano in continuazione, facendo passare le idee dell’uno nell’altro dopo che gli elettori le hanno premiate. Può capitare, naturalmente, che una campagna presidenziale sia condotta in chiave estremistica, ma non capita che quella diventi la politica presidenziale. E se capita è una disgrazia che gli elettori correggono la volta successiva. .
Gli europei possono far spallucce e sentirsi più fini politici e più profondi uomini di cultura, ma ancora annaspano inciampando fra i residuati bellici dell’ideologismo di due secoli fa. In Francia correranno sempre gli stessi, con sempre Le Pen a far da spauracchio d’estrema destra. In Germania la collaborazione istituzionale prende la forma di una grande coalizione che non funziona. In Italia facciamo da dodici anni sempre la stessa elezione, per eleggere governi che non governano. L’Inghilterra funziona meglio, non a caso essendo un modello più vicino a quello statunitense. .
Ecco, invece che strillazzare come se la “sconfitta di Bush” possa avere un qualche significato negli equilibri interni allo stagno italiano, questi sarebbero i temi sui quali esercitare la riflessione.
www.davidegiacalone.it
Dopo il risultato Bush si è rivolto al partito antagonista, indicando la via della collaborazione. Non si tratta di una formula politica inciucista, e men che meno buonista, ma della presa d’atto che la presidenza ed il parlamento hanno indirizzi politici diversi, quindi o si collabora o si ferma tutto. Quella di Bush non è un’offerta generosa, ma mero realismo. Ciò, naturalmente, significa che la presidenza dovrà rinunciare ad alcune sue durezze. E qui gli europei pensano subito all’Iraq, sbagliando.
Intanto perché non c’è solo l’Iraq, in questo mondo ed in quello dell’islamismo aggressivo. Poi perché in Iraq sono stati commessi errori gravi, di cui l’amministrazione paga il prezzo anche con la perdita di Rumsfeld, ma non è in discussione l’opportunità di vincere, bensì il modo. Il che, a questo punto, è una fortuna per tutti. Non ci sarà nessun ritiro, per intenderci. Mentre, invece, nel settore della politica fiscale la presidenza dovrà far rientrare parte del proprio programma, consegnando un orizzonte futuro dove la discesa delle aliquote marginali è alquanto incerta.
In tutto questo, continuo ad essere ammirato dalla saggezza intrinseca del sistema istituzionale americano. Le elezioni di medio termine hanno segnalato che non c’è gran spazio per gli estremismi, i candidati che si preparano alle presidenziali del 2008 sanno che non si arriverà alla Casa Bianca predicando i programmi storici dei liberal o pregando assieme agli evangelici. La politica statunitense è fatta in modo che i due grandi partiti si contaminano in continuazione, facendo passare le idee dell’uno nell’altro dopo che gli elettori le hanno premiate. Può capitare, naturalmente, che una campagna presidenziale sia condotta in chiave estremistica, ma non capita che quella diventi la politica presidenziale. E se capita è una disgrazia che gli elettori correggono la volta successiva. .
Gli europei possono far spallucce e sentirsi più fini politici e più profondi uomini di cultura, ma ancora annaspano inciampando fra i residuati bellici dell’ideologismo di due secoli fa. In Francia correranno sempre gli stessi, con sempre Le Pen a far da spauracchio d’estrema destra. In Germania la collaborazione istituzionale prende la forma di una grande coalizione che non funziona. In Italia facciamo da dodici anni sempre la stessa elezione, per eleggere governi che non governano. L’Inghilterra funziona meglio, non a caso essendo un modello più vicino a quello statunitense. .
Ecco, invece che strillazzare come se la “sconfitta di Bush” possa avere un qualche significato negli equilibri interni allo stagno italiano, questi sarebbero i temi sui quali esercitare la riflessione.
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DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.