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Public Policy

E' ora di fare qualche ragionamento meno tattico

Urge "un progetto Paese"

Dopo i tanti fallimenti sarebbe meglio una nuova Assemblea Costituente

di Enrico Cisnetto - 20 dicembre 2010

Ora che il voto parlamentare del 14 dicembre, caricato di inutili significati, è archiviato, e che la risposta dei “perdenti” è stata la creazione del “polo della Nazione”, è venuto il momento di fare qualche ragionamento meno tattico di quelli fatti fin qui da chi vuole superare il bipolarismo italico, prendendo atto del suo fallimento.

Proviamo a schematizzare per punti, partendo dal presupposto che d"ora in avanti le alleanze, se si vogliono solide ed efficaci, debbono rispondere a scelte chiare su questi stessi punti. Primo: l’antiberlusconismo non paga. Se c’è un errore che è risultato esiziale per il “fronte della sfiducia”, tra i tanti che ha commesso, è l’aver connotato la propria linea politica prevalentemente come contro Berlusconi. Ora che nel nuovo polo è netta la prevalenza dell’Udc, speriamo che questa fase neo-giustizialista venga definitivamente archiviata, e se ne apra una tutta dedicata a definire un “progetto paese” di portata almeno decennale e a indicare gli assetti del sistema politico e di quello istituzionale che più sono funzionali a realizzare quel progetto.

Secondo: archiviare il bipolarismo. Sedici anni dopo il “bipolarismo realizzato” non si può creare in Italia un soggetto politico nuovo - sia esso singolo partito o polo - senza dire con chiarezza che s’intende realizzare un sistema di alternanza di governo non riconducibile a due partiti o a due poli, ma articolato su alcune forze politiche, il cui numero è delimitato dalla clausola elettorale dello sbarramento (temperata dal diritto di tribuna), che trovano alleanza sulla base delle convergenze programmatiche e non della preventiva scelta di un leader.

Terzo: ci vuole subito una proposta di riforma della legge elettorale. Chi è favorevole al cambiamento del "porcellum" non può più esimersi dall"uscire allo scoperto con una proposta che risponda non a fumose elaborazioni all"italiana (abbiamo già dato) ma a consolidate esperienze europee. L"importante è scegliere, e farlo subito, non dopo l"eventuale apertura di una crisi di governo (come si voleva fare dopo il 14 dicembre se fosse passata la sfiducia).

Quarto: per fare la Terza Repubblica ci vogliono le riforme istituzionali. Il principale limite della stagione che abbiamo impropriamente chiamato Seconda Repubblica è stato quello di non avere riformato la Carta costituzionale, creando una divaricazione pericolosa tra disposizioni formali e prassi. Si pensi, per esempio, alla questione dell"indicazione del premier, che illude i cittadini di vivere in una repubblica presidenziale senza peraltro che ci siano tutte le necessarie contromisure temperative di tale scelta. Noi siamo per il mantenimento della forma parlamentare della Repubblica, corretta con tutte le misure possibili per dare maggior peso all"esecutivo, cominciando naturalmente con il superamento del bicameralismo che finora abbiamo praticato.

L"importante è che se ne discuta, e si stabiliscano i luoghi ove queste decisioni devono essere prese. Il parlamento? Pensiamo che dopo i tanti fallimenti, sarebbe meglio una nuova Assemblea Costituente, che tra l"altro darebbe maggiore solennità al passaggio alla nuova Repubblica. Basta decidere, però. Quinto: ci vuole un "progetto paese".

Finora si è parlato della crisi economica e delle eventuali riforme strutturali da fare in modo sporadico e approssimativo. Ora bisogna far fare a questa discussione un salto di qualità. Dobbiamo dire la verità al Paese sull"entità del declino che lo affligge, e dire con chiarezza - entrando nel merito - quali interventi occorre realizzare. Bene, aspettiamo tutti, e a maggior ragione il cosiddetto "polo della Nazione" alla prova di questo test. Il resto sono chiacchiere. Di cui, peraltro, gli italiani sono arcistanchi.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.