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I Comuni e il virus dei derivati

Uno scandaloso “vizietto”

Gli effetti di un municipalismo sgangherato chiamato federalismo

di Enrico Cisnetto - 02 novembre 2009

Uno scandalo. Che, semmai ce ne fosse stato bisogno, getta un’ombra inquietante su quel municipalismo sgangherato che in questi anni abbiamo pomposamente chiamato federalismo. Parlo della notizia – che per fortuna ci ha fornito Bankitalia, perché dalle parti del Governo tutto tace – secondo cui nei primi sei mesi di quest’anno ben 49 Comuni italiani hanno utilizzato i derivati per gestire il proprio debito, oltre il 10% in più rispetto ai 415 che avevano operazioni in essere al dicembre 2008. Ma vi rendete conto? Nel pieno della crisi finanziaria mondiale, mentre si stavano spendendo parole di fuoco sui pericoli della finanza strutturata, una cinquantina di amministrazioni pubbliche – di cui non conosco il nome, ma mi piacerebbe che qualcuno fornisse agli italiani, e prima di tutto ai cittadini di quei Comuni, l’elenco – si sono peritate di aprire ex novo posizioni finanziarie in derivati, aggiungendosi a 28 Province (erano 32 a dicembre, quattro sono rinsavite), a 13 Regioni (su 20 totali fa il 65%) e 14 altre amministrazioni varie. In totale 519 enti locali, contro i 474 di dicembre (+9,5%).

E non venitemi a dire che la colpa è delle banche. Perché vi ricordate che quando era scoppiato il boom della finanza creativa per piccole e grandi amministrazioni pubbliche – nel 2005 erano 349, l’anno dopo 588 e nel 2007 erano arrivate a quota 667 – ed erano cominciate le prime perdite, tutti dicevano che le banche cattive avevano abbindolato quei poveri sindaci, governatori e assessori al bilancio, considerati alla stregua di casalinghe e pensionati privi di ogni cognizione e di qualsiasi tipo di tutela. Ebbene, fin da allora considerare sprovveduti quegli amministratori significava dar loro la patente di stupidi, non certo di buoni e saggi amministratori della cosa pubblica. Ma ora, dopo che per mesi e mesi non si è fatto altro che parlare di quanto fosse pericoloso l’uso della finanza strutturata, sapere che c’è qualcuno che usa o torna a usare dei derivati, non c’è proprio scusa che tenga. Le banche fanno il loro mestiere, gli amministratori eletti dai cittadini no. Anche perché l’effetto paura c’era stato: tra il dicembre 2007 e la fine del 2008 quasi un terzo degli enti locali che avevano finanza derivata se n’è disfatto. Poi, evidentemente, la paura è passata e il “vizietto” è tornato.

Certo, la stessa Bankitalia informa che l’aumento potrebbe anche essere dovuto al fatto che mentre prima le rilevazioni riguardavano esposizioni sopra i 75 mila euro, ora la soglia è scesa a 30 mila, tanto che in valore assoluto la somma di questi contratti è scesa da 26 a 24 miliardi. Ma se pure così fosse, ciò testimonierebbe che anche i piccoli e piccolissimi municipi hanno contratto il virus della finanza creativa e che l’esposizione complessiva rimane comunque un’enormità. Inoltre, mi domando che fine abbia fatto sia la legge 133 del 2008 che sospendeva l’uso dei derivati – è lecito chiedersi se è stata rispettata, e se no da chi – sia soprattutto l’impegno assunto dal Governo di varare un provvedimento di riordino complessivo della materia.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.