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Evocano diritti e dimenticano i doveri...

Un'illusione pericolosa

Cari ragazzi, cambiate indirizzo e siate rivoluzionari: chiedete meritocrazia e mercato

di Davide Giacalone - 14 ottobre 2011

Se le manifestazioni di mercoledì sono state prove generali per quelle di domani, sabato, allora vanno messi nel conto sia la fuga dalla realtà che qualche pericolo. La settimana scorsa, a Milano, un gruppo di dimostranti ha dato l’assalto alla sede dell’agenzia Moody’s. Mercoledì, a Bologna e Roma, i manifestanti hanno assediato la Banca d’Italia. Se non hanno sbagliato indirizzo hanno sbagliato protesta, se non sono stati depistati è segno che la confusione, nelle loro teste, è somma. Più che indignados de noantros, insomma, sembrano ilusos de vosotros.

Ma di un’illusione pericolosa, di un fraintendimento profondo, di quella stessa allucinazione che portò altri, in un tempo che sembra lontano, a credere che occorresse battersi contro il Sim, lo stato imperialista delle multinazionali. Oggi sono le banche, i mercati, i leggendari “speculatori”. Oggi è il debito pubblico, che si pretende di non pagare.

L’avversione al debito pubblico, il gridare “non l’ho contratto io, quindi non lo pago io”, o reclamare un fumoso “diritto all’insolvenza”, è solo fuga dalle responsabilità. C’è chi s’è battuto a lungo contro la spesa pubblica improduttiva, chiedendone tagli vigorosi e mirati, e li chiedeva ben sapendo che avrebbero avuto, come avranno, dei costi sociali, ma nella convinzione che quei soldi corrompono le nostre capacità produttive e appesantiscono conti che si dovranno pagare.

Quei soldi, però, sono anche stati la motrice di una grande redistribuzione, hanno placato conflitti e impedito lacerazioni. I giovani che dicono “noi non c’entriamo” sbagliano.

In che famiglie credono di vivere? Da dove credono che arrivi il loro benessere, il loro essere universalmente muniti di tutti gli ultimi marchi? (A proposito: meraviglioso il dibattito su Apple e Jobs, nella sinistra-sinistra, laddove s’accorgono solo ora che la libertà di comunicazione cammina assieme alla crescita del mercato, del profitto e, quindi, del tentativo d’affermare rendite monopoliste. Ben venuti nel mondo reale).

Per molti di questi giovani il benessere nel quale sono nati è da considerarsi un diritto, indipendente dalla capacità di produrre reddito. Sono gli epigoni dell’egoismo continentale, che fu colonialista. Ma non se ne accorgono, non lo percepiscono. Evocano diritti e dimenticano i doveri.

Al debito pubblico devono il tenore di vita, ma devono anche la colossale fregatura che consiste nel non comprendere che i nonni e i padri hanno caricato la trappola nella quale si trovano. S’illudono che gli antagonisti sono le banche e i mercati, non capendo che li hanno in famiglia, sono gli stessi che mettono loro a disposizione i quattrini con cui campano e manifestano.

Tanto tempo fa, nel 1978, toccò a un sindacalista coraggioso, comunista, Luciano Lama, dire l’ovvio, che sembrò una bestemmia in chiesa: il salario non è una variabile indipendente. Si pagavano salari alti, compensando con soldi pubblici (che accumulavano debito) il deficit di competitività, per non dire delle pensioni, che letteralmente si regalavano.

Dopo 33 anni ancora discutiamo di gabbie salariali e contratti aziendali, perché l’ovvio non entra nella testa degli zucconi. Certo, in questo modo s’è redistribuita ricchezza, ma si è anche accumulato debito (sempre quello) e bruciato occupazione futura. Ora le cose stanno messe peggio, e la politica aspetta chi abbia il coraggio di dire una seconda cosa ovvia: neanche il welfare state (scuole, ospedali, previdenza, pensioni, ecc.) è una variabile indipendente.

I manifestanti odierni possono anche andare davanti a Palazzo Koch, attendarsi e suggerire che la lettera della Banca centrale europea sia restituita al mittente. Ma, miei cari piccoli scilipotiani che berciate, già che ci siete, perché non andate pure a protestare contro i bollettini metereologici, che così andando vi toccherà rinunciare alla settimana bianca? Bisognerà che qualcuno vi spieghi che senza meritocrazia e selezione, quindi senza premio ai più capaci e fine delle spese in conto nascituri, voi siete definitivamente fottuti, perché, al fondo, sapete fare poco e ci capite ancora meno.

E se vi arriva la solidarietà di Luca Cordero di Montezemolo, sebbene i vostri padri abbiano sognato di fare gli yuppies (cercate sul web, che gli strumenti non vi mancano), provate a pensare al bisnonno, che non reclamò la riforma agraria combattendo al fianco di “sciur padrun da li beli braghi bianchi”.

Lo so, la colpa non è vostra. Ci sono le colpe della storia, della società, del sistema, della situazione e dell’accidente che vi pare. Ma chi non ha colpe non ha identità, non ha idee, non è. Quindi, date retta: se fate la figura dei fessi, oltre che dei fregati, è colpa vostra, che vi fate menare per il naso da arruffapopolo disgraziati, capaci di provocare disastri e di credere, ancora una volta, che la violenza sia levatrice della storia (mandando voi a prendere le manganellate). Cambiate indirizzo e siate rivoluzionari: chiedete meritocrazia e mercato, che il contrario ha già rincitrullito gli altri vostri familiari.

Pubblicato da Libero

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