L'arresto dell'Ad di Trenord Biesuz
Una giustizia spettacolo sui binari di Formigoni
Ho sempre guardato con malcelato compiacimento a quella magistratura che lavora sotto traccia senza inseguire i riflettori dei media. Ma non mi sono mai piaciuti gli eccessi e le sproporzioni, spesso anticamera di prescrizioni e assoluzionidi Enrico Cisnetto - 21 dicembre 2012
Ho sempre pensato che esistano diffuse “bad practice” nel capitalismo italiano. E ho sempre guardato non dico con simpatia, ma con malcelato compiacimento a quella magistratura che, lavorando sottotraccia e senza inseguire i riflettori dei media, le ha sapute perseguire. Ma non mi sono mai piaciuti gli eccessi e le sproporzioni, anche perché di solito sono state l’anticamera di prescrizioni e assoluzioni. E le circostanze che segnalano questo tipo di inchieste giudiziarie “fuori misura” di solito sono sempre le stesse: arresti spettacolari, accuse scritte con linguaggio giornalistico anziché giuridico, imputazioni eccessive ma necessarie per reggere la custodia cautelare (un classico è l’associazione a delinquere).
Ecco, l’inchiesta sul fallimento della milanese Urban Screen che ha portato agli arresti domiciliari di Giuseppe Biesuz, il manager che l’ha gestita fino al 2008 per poi diventare amministratore delegato di Trenord, carica da cui è stato costretto a dimettersi a seguito della vicenda, mi sembra appartenere in modo clamoroso a questa tipologia di intervento della magistratura inquirente. Gli ingredienti ci sono tutti: arrestato mentre stava per fare una conferenza stampa a seguito di una delicata vicenda sindacale relativa a Trenord; richiesta di carcerazione, che però il gip ha voluto attenuare; descrizione dell’indagato come criminale incallito (“valutazione assolutamente negativa della personalità”, “pericolo di reiterazione di altre condotte violente similari”, “agiva per meri fini personali, familiari, e di carriera”). Ora, ammettiamo per un momento che le accuse relative al crack della società che gestiva pannelli informativi a Milano siano tutte vere. Ma trattasi comunque di una roba da meno di 700 mila euro. Inoltre la società non esiste più e la reiterazione del reato è dunque possibile solo altrove. Infine gli vengono contestate spese di rappresentanza, secondo la logica che essendo ambizioso faceva tutto questo per “fare carriera” (non risulta essere ancora un reato). Insomma, un conto è fare un’indagine e se convinti delle prove acquisite richiedere un rinvio a giudizio, altro è fare il blitz che si è fatto. Biesuz, da tutti riconosciuto come un manager brillante e grintoso (“uno con le palle”, è la definizione che più ho sentito di lui, e che corrisponde anche alla mia valutazione personale), ha perso il posto a Trenord – suscitando il sospetto che a quello si voleva arrivare, specie se si considera che del gruppo Nord Milano è socia la Regione Lombardia guidata da Formigoni – e inevitabilmente si troverà a dover fronteggiare un momento di defaillance nella sua carriera.
C’è proporzione tra l’accusa e le sue conseguenze? Non vi pare che sarebbe stato più che sufficiente un avviso di garanzia? E siamo sicuri che l’interesse pubblico stia nel far mancare a Trenord il manager che ha fatto del colabroso delle ferrovie locali lombarde un sistema efficiente, preso a modello in mezza Europa? Buon Natale, giustizia.
Ecco, l’inchiesta sul fallimento della milanese Urban Screen che ha portato agli arresti domiciliari di Giuseppe Biesuz, il manager che l’ha gestita fino al 2008 per poi diventare amministratore delegato di Trenord, carica da cui è stato costretto a dimettersi a seguito della vicenda, mi sembra appartenere in modo clamoroso a questa tipologia di intervento della magistratura inquirente. Gli ingredienti ci sono tutti: arrestato mentre stava per fare una conferenza stampa a seguito di una delicata vicenda sindacale relativa a Trenord; richiesta di carcerazione, che però il gip ha voluto attenuare; descrizione dell’indagato come criminale incallito (“valutazione assolutamente negativa della personalità”, “pericolo di reiterazione di altre condotte violente similari”, “agiva per meri fini personali, familiari, e di carriera”). Ora, ammettiamo per un momento che le accuse relative al crack della società che gestiva pannelli informativi a Milano siano tutte vere. Ma trattasi comunque di una roba da meno di 700 mila euro. Inoltre la società non esiste più e la reiterazione del reato è dunque possibile solo altrove. Infine gli vengono contestate spese di rappresentanza, secondo la logica che essendo ambizioso faceva tutto questo per “fare carriera” (non risulta essere ancora un reato). Insomma, un conto è fare un’indagine e se convinti delle prove acquisite richiedere un rinvio a giudizio, altro è fare il blitz che si è fatto. Biesuz, da tutti riconosciuto come un manager brillante e grintoso (“uno con le palle”, è la definizione che più ho sentito di lui, e che corrisponde anche alla mia valutazione personale), ha perso il posto a Trenord – suscitando il sospetto che a quello si voleva arrivare, specie se si considera che del gruppo Nord Milano è socia la Regione Lombardia guidata da Formigoni – e inevitabilmente si troverà a dover fronteggiare un momento di defaillance nella sua carriera.
C’è proporzione tra l’accusa e le sue conseguenze? Non vi pare che sarebbe stato più che sufficiente un avviso di garanzia? E siamo sicuri che l’interesse pubblico stia nel far mancare a Trenord il manager che ha fatto del colabroso delle ferrovie locali lombarde un sistema efficiente, preso a modello in mezza Europa? Buon Natale, giustizia.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.