La proposta del Ministro dell’Interno
Una Convenzione per pochi intimi?
Il ballon d'essai di Giuliano Amato non serve per uscire dalla crisi. Il rischio è lo stallodi Elio Di Caprio - 08 gennaio 2007
Non costa nulla gettare un sasso nello stagno: lo stagno rimane anche se a gettare il sasso questa volta è stato il ministro Amato, già di orientamento presidenzialista nella
“Prima repubblica” di centrosinistra ed ora Ministro dell"Interno nella Seconda, presuntamente bipolare. Secondo Giuliano Amato è più realistico convocare una Convenzione che ridisegni alcune regole condivise da tutti o dalla maggioranza delle forze politiche che fare affogare tutto nel mare magnum di una riforma costituzionale globale che fatica a farsi largo tra i veti contrapposti dei più di 20 partiti che ci ha regalato questo bislacco bipolarismo.
Le cose non vanno, il disagio è diffuso, tutti prendono le distanze da una situazione di stallo e di logorio che riguarda entrambe le coalizioni, ben al di là dei continui attriti che hanno contrassegnato e contrassegnano prima il governo di centrodestra e ora quello di centrosinistra. Ma poi la proposta Amato non vola alto, viene risucchiata dalle contrapposizioni strumentali di chi ambisce a giocare una partita di puro potere e basta, diventa un" ipotesi accademica che serve solo ad innescare l"ennesimo dibattito su quanto sarebbe bello se una convenzione per riformare potesse contare sulla condivisione e l"appoggio della maggioranza delle forze parlamentari. All"ex Ministro Tremonti che, dopo gli ultimi incerti esiti elettorali invocava la panacea delle grandi intese maggioranza-opposizione, queste non vanno più bene quando si tratta di accordarsi sulle riforme costituzionali.
Tutto si blocca al solo immaginare il perimetro delle riforme su cui la Convenzione avrebbe competenza a discutere per elaborare una proposta unitaria: forma di Stato, federalismo fiscale e non, legge elettorale maggioritaria o proporzionale, poteri delle Camere e del Presidente del Consiglio? E allora perchè continuare a “giocare” su temi che in cinquanta anni non sono stati mai risolti e ormai trovano velleitario riscontro soltanto nei programmi elettorali dei due Poli che nessuno legge? In mancanza di una nuova Assemblea Costituente come si ripartirebbero in una Convenzione i compiti tra le forze politiche ed i costituzionalisti sempre attenti a che le riforme non alterino il quadro complessivo dell"attuale distribuzione dei poteri?
Certo per volere troppo – una riforma costituzionale completa promossa da un"Assemblea Costituente – si rischia di avvitarsi nello stallo attuale e di non fare alcun passo avanti, ma non si può certamente trascurare l"esigenza di informare l"opinione pubblica e di renderla partecipe dei cambiamenti che si vogliono realizzare anche attraverso lo strumento referendario. Altrimenti si rischia di aumentare il distacco dell"elettorato dalle alchimie e dalle decisioni di pochi esponenti politici – capi partito e capicoalizione – che, a seguito dell"ultima legge elettorale, si sono ancor più rafforzati nei loro recinti protetti. Non per nulla si pensa ad un referendum popolare per cambiare ( in meglio?) la legge elettorale. E" ora un tema che viene disinvoltamente e impudentemente cavalcato dai tanti partiti di destra e di sinistra, come se la classe politica si trovasse per caso a correggere un errore di cui non ha alcuna responsabilità... Eppure, se lo stagno rimane, continuano a piovere sassi, non solo quello del costituzionalista Amato.
Il problema non è più o solo Convenzione sì o Convenzione no per le riforme – tema che c"è da scommettere sparirà presto dal dibattito politico così come è entrato – ma l"insostenibilità dell"attuale bipolarismo così come si è configurato negli ultimi anni Buon ultimo se ne è accorto l"economista Nicola Rossi (per ora pressoché sconosciuto ai mass media), già stretto collaboratore di Massimo D"Alema: nel rendere ragione delle sue recenti dimissioni dal partito dei DS egli arriva a dire che “la politica italiana è oggi guidata da due leadership entrambe sconfitte, quindi non più credibili al di là della loro volontà e capacità”... Anch"egli prende atto, come noi, della “transizione infinita” che ha reso la cosiddetta Seconda Repubblica così simile alla Prima. Si potrà pure arrivare nel medio termine alla costruzione di un partito democratico a sinistra e di un partito unico o di una federazione del centrodestra.
Ma mantenendo le attuali leaderships con quale credibilità potrebbe avviarsi tale processo o addirittura quello di una Convenzione per le riforme, come vorrebbe Amato?
Le cose non vanno, il disagio è diffuso, tutti prendono le distanze da una situazione di stallo e di logorio che riguarda entrambe le coalizioni, ben al di là dei continui attriti che hanno contrassegnato e contrassegnano prima il governo di centrodestra e ora quello di centrosinistra. Ma poi la proposta Amato non vola alto, viene risucchiata dalle contrapposizioni strumentali di chi ambisce a giocare una partita di puro potere e basta, diventa un" ipotesi accademica che serve solo ad innescare l"ennesimo dibattito su quanto sarebbe bello se una convenzione per riformare potesse contare sulla condivisione e l"appoggio della maggioranza delle forze parlamentari. All"ex Ministro Tremonti che, dopo gli ultimi incerti esiti elettorali invocava la panacea delle grandi intese maggioranza-opposizione, queste non vanno più bene quando si tratta di accordarsi sulle riforme costituzionali.
Tutto si blocca al solo immaginare il perimetro delle riforme su cui la Convenzione avrebbe competenza a discutere per elaborare una proposta unitaria: forma di Stato, federalismo fiscale e non, legge elettorale maggioritaria o proporzionale, poteri delle Camere e del Presidente del Consiglio? E allora perchè continuare a “giocare” su temi che in cinquanta anni non sono stati mai risolti e ormai trovano velleitario riscontro soltanto nei programmi elettorali dei due Poli che nessuno legge? In mancanza di una nuova Assemblea Costituente come si ripartirebbero in una Convenzione i compiti tra le forze politiche ed i costituzionalisti sempre attenti a che le riforme non alterino il quadro complessivo dell"attuale distribuzione dei poteri?
Certo per volere troppo – una riforma costituzionale completa promossa da un"Assemblea Costituente – si rischia di avvitarsi nello stallo attuale e di non fare alcun passo avanti, ma non si può certamente trascurare l"esigenza di informare l"opinione pubblica e di renderla partecipe dei cambiamenti che si vogliono realizzare anche attraverso lo strumento referendario. Altrimenti si rischia di aumentare il distacco dell"elettorato dalle alchimie e dalle decisioni di pochi esponenti politici – capi partito e capicoalizione – che, a seguito dell"ultima legge elettorale, si sono ancor più rafforzati nei loro recinti protetti. Non per nulla si pensa ad un referendum popolare per cambiare ( in meglio?) la legge elettorale. E" ora un tema che viene disinvoltamente e impudentemente cavalcato dai tanti partiti di destra e di sinistra, come se la classe politica si trovasse per caso a correggere un errore di cui non ha alcuna responsabilità... Eppure, se lo stagno rimane, continuano a piovere sassi, non solo quello del costituzionalista Amato.
Il problema non è più o solo Convenzione sì o Convenzione no per le riforme – tema che c"è da scommettere sparirà presto dal dibattito politico così come è entrato – ma l"insostenibilità dell"attuale bipolarismo così come si è configurato negli ultimi anni Buon ultimo se ne è accorto l"economista Nicola Rossi (per ora pressoché sconosciuto ai mass media), già stretto collaboratore di Massimo D"Alema: nel rendere ragione delle sue recenti dimissioni dal partito dei DS egli arriva a dire che “la politica italiana è oggi guidata da due leadership entrambe sconfitte, quindi non più credibili al di là della loro volontà e capacità”... Anch"egli prende atto, come noi, della “transizione infinita” che ha reso la cosiddetta Seconda Repubblica così simile alla Prima. Si potrà pure arrivare nel medio termine alla costruzione di un partito democratico a sinistra e di un partito unico o di una federazione del centrodestra.
Ma mantenendo le attuali leaderships con quale credibilità potrebbe avviarsi tale processo o addirittura quello di una Convenzione per le riforme, come vorrebbe Amato?
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.