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Società Aperta: dall’incontro di Venezia

Una Bretton Woods del Terzo millennio

Anselmi e Paniccia d’accordo nella revisione della Nato e delle relazioni Ue-Usa

di Antonio Picasso - 27 marzo 2006

Una nuova Bretton Woods per arrestare l’instabilità del mondo. È quanto emerso dall’incontro organizzato dal Circolo di Società Aperta di Venezia il 23 marzo. “Iraq missione compiuta?” A questa domanda, titolo del convegno, hanno risposto il segretario del Movimento federalista europeo, Giorgio Anselmi, e Arduino Paniccia, docente di Strategia ed economia internazionale all’Università di Trieste.
A tre anni dall’inizio del conflitto in Iraq, e in coincidenza con la pubblicazione del nuovo National Security Strategy da parte degli Stati Uniti, è giusto trarre un bilancio, seppur parziale di questa guerra. Cercare di capire quali siano stati i risultati positivi e gli errori commessi da Washington. “In Iraq hanno perso tutti”. Ha detto senza mezzi termini Anselmi, sottolineando l’arroganza del comportamento unilaterale americano, ma anche l’inoperosità dell’Unione europea, la quale – se si fosse mossa unitariamente, con una propria politica estera comune – avrebbe dovuto, e potuto, evitare l’intervento armato. Paniccia, poi, trovandosi in sintonia con la considerazione di Anselmi, ha voluto ricordare quanto, nell’ambito del fallimento della guerra in Iraq, l’eliminazione dell’ex segretario di Stato Usa, Colin Powell, sia stata la peggiore mossa politica dell’amministrazione Bush. “Perché Powell riassumeva in sé le doti strategiche di un ex generale, che sa come si conduce un conflitto, ma anche le qualità di mediazione e di «colomba» fondamentali nelle trattative diplomatiche”. Ha detto Paniccia.
Tuttavia, queste parole non possono essere interpretate come appelli al cieco e aprioristico pacifismo. Anzi. Entrambi i relatori, infatti, hanno ribadito questa differenza. E cioè che nella politica internazionale la guerra non può, purtroppo, essere eliminata. Mentre l’auspicio è di rivedere ricostruito un equilibrio economico mondiale simile a quello nato con la Seconda guerra mondiale ancora in corso. Una nuova Bretton Woods, allora. Una politica monetaria internazionale, definita da Stati Uniti ed Europa insieme, vale a dire da quei giganti del capitalismo che, sebbene in questo momento stiano attraversando una fase di difficoltà, sono sicuramente ancora capaci di dare un contributo positivo per lo sviluppo economico e la democrazia di tutti il mondo. “Perché non possiamo dimenticare – ha aggiunto Paniccia – che una delle ragioni della propagazione del terrorismo è proprio la povertà e la sottomissione a regimi antidemocratici. E bisogna che le due sponde dell’Atlantico, con una rivitalizzazione della Nato, si concentrino per fronteggiare questo nemico comune”.
Ma, affinchè un obiettivo tanto ambizioso si possa realizzare, è anche necessario rendersi conto dell’attuale stato delle cose. Da una parte, Washington si trova invischiata nel “ginepraio” iracheno. A questo, si aggiunge la concreta possibilità di un intervento armato contro il vicino Iran. Nel frattempo, la situazione interna si dimostra assolutamente fluida. Perché se George Bush è in crisi di consensi, e con lui la stessa guerra in corso, l’opinione pubblica americana, comunque, resta convinta che l’Islam sia un nemico della democrazia e che per questo debba essere combattuto. Dall’altra parte, invece, l’Europa è in piena crisi. O forse in declino, considerando l’esperienza di questi ultimi mesi. E i sintomi sono sempre più evidenti, sia in ambito politico che economico. A Bruxelles manca qualsiasi capacità decisionale in termini di politica estera e di difesa comune. Un handicap che provoca il conseguente sorgere di nuove forme di nazionalismo e protezionismo.
Cosa si può fare, allora? Il progetto di una revisione dell’alleanza atlantica, come auspicato da Paniccia, è possibile, ma solo a condizione che ci siano le sincere intenzioni di Bruxelles e Washington di tornare al dialogo e alla collaborazione reciproca. L’Ue deve rendersi conto dell’urgenza di ridefinirsi come soggetto internazionale. Mentre gli Usa devono abbandonare la loro politica unilaterale.
Infine l’Italia. Nel programmi elettorali di entrambe le coalizioni, alla politica estera sono riservate esclusivamente pagine di riflessione teorica, svuotate di contenuti e di proposte. Durante questi anni del centro-destra al governo, Berlusconi ha assegnato alla diplomazia un ruolo e un atteggiamento di spettacolarizzazione. Senza però risultati concreti. D’altro canto, l’Unione risulta essere vincolata alle tante e variegate posizioni dei partiti che la compongono. Alla luce di questa situazione, cosa può fare il nostro Paese per una ripresa dell’Europa e il connesso ritorno del multilateralismo? Anselmi, su questo, è stato chiaro. Preso atto dell’impossibilità, per uno Stato membro dell’Ue, di fare politica estera autonomamente, “il giusto e produttivo nazionalismo è europeista. Da parte di Roma come dei nostri partner”. Ha detto il segretario del Movimento federalista, facendo riferimento alla nostra situazione internazionale di “vaso di coccio tra vasi d’argilla”. D’altra parte, è solo percependo la sua debolezza che l’Italia può definire una propria politica estera e tornare rilevante nell’ambito del dialogo e delle trattative mondiali. Un auspicio, questo, raccolto anche da Paniccia, il quale ha voluto dare l’appuntamento per un nuovo incontro, in modo che il tema della politica estera non resti una questione fumosa e poco percepibile per la maggioranza degli elettori. Bensì assuma la giusta posizione protagonista nella vita politica nazionale.

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