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Public Policy

Economia e politica non possono vivere di “segnali”

Un tredicesimo di libertà

Occorrono disegni vasti da offrire alla collettività. E coerenza nel perseguirli

di Davide Giacalone - 28 settembre 2009

Abbassare le tasse, sfebbrare drasticamente la pressione fiscale, sarebbe un importante segnale per restituire libertà e fiducia, per incoraggiare e spingere la ripresa. Ma sarebbe anche un gesto azzardato e pericoloso, perché in assenza di un profondo cambiamento della spesa pubblica si tradurrebbe in un aumento del deficit e, quindi, in una crescita del debito pubblico.

Già vertiginosamente elevato. A questo chiodo si sono già impiccati diversi governi, scoprendo che, alla fine, è più facile trascinare l’attuale andazzo, piuttosto che provare la via virtuosa e promettente delle riforme. Per tirare a campare, insomma, è sufficiente non volere crepare, mentre per cambiare è necessario sapere il come, per ottenere cosa e con una maggioranza capace di non costringere il governo a zigzagare. Troppo difficile, almeno per il nostro sistema politico.

Procedere senza alleggerire la mano del fisco, però, comincia ad essere pericoloso. Fin qui ci siamo limitati a pagare il prezzo della scarsa libertà, con le decisioni di spesa (il vero timone del mercato, la vera sovranità del consumatore) che solo per la metà sono nelle mani, e nelle tasche, dei cittadini, restando l’altra metà si lascia agli orientamenti della politica. Adesso, però, si prepara una stagione di difficoltà serie, con la ripresa che sta sullo sfondo mentre, nel presente, si paga ancora la diminuzione dell’occupazione. Inoltre, la ripresa può portare con sé inflazione, il che si traduce in diminuzione del potere d’acquisto da parte delle famiglie. Una miscela velenosa.

Giulio Tremonti ha voluto una finanziaria impostata in modo scarno e senza progetti di spesa, scegliendo la via del rigore, sebbene rinunciando a quella delle riforme. Per la prima parte ha ragione, per la seconda è solo realista. Peccato, perché una fetta consistente della spesa pubblica non porta né benessere né consenso. Una maggioranza parlamentare vasta, se fosse anche coesa e decisa, dovrebbe almeno cominciare l’opera di demolizione, destrutturando la grande dilapidazione. A quel che vediamo, non ce ne sono le condizioni. Peccato.

Ragioniamo, allora, sullo scudo fiscale. Lasciamo da parte il pur solido argomento che i condoni ripetuti finiscono con l’essere diseducativi, e facciamo finta di non vedere che il governo in polemica con le banche propizia il loro più lucroso affare. Fatto è che un successo di questo condono, considerati anche i tempi accorciati, rispetto alle previsioni iniziali, porterà ad un aumento del gettito nel corso di questo anno. Quindi anche ad un aumento della pressione fiscale.

Consolarsi ricordando che quel gettito non ci sarebbe stato, e quelle ricchezze non avrebbero pagato dazio, senza il condono, è troppo poco. Utilizziamolo, allora, per dare un premio a chi il reddito se lo guadagna, senza nascondere nulla al fisco: detassiamo le tredicesime.

Un tredicesimo di libertà è ancora troppo poco, inoltre non sarebbe una misura strutturale, non inciderebbe né sulla riforma fiscale, né su quella della spesa pubblica. Lo so, ma sarebbe il segnale che il governo non s’è dimenticato il problema, non ha rinunciato alle promesse e speranze del passato. Non è molto, ma è qualche cosa.

Lo si farebbe, inoltre, in un momento in cui i soldi restituiti ai lavoratori finirebbero dritti in consumi, tonificando il mercato e dando respiro ad un commercio che comincia ad avere il fiato grosso. A questo s’aggiunga che sarebbe un beneficio, seppur lieve, a favore dei redditi da lavoro, posto che quelli derivanti da rendita godono già di un trattamento privilegiato.

Non credo affatto che né l’economia, né la politica possano vivere di “segnali”. Occorrono disegni vasti, visioni, che non siano sogni, da offrire alla collettività. E occorre coerenza nel perseguirli. Ma penso che noi ci si accinga a mettere il piede in un tempo difficile, quello in cui non potremo vantare la maggiore efficacia dei nostri ammortizzatori sociali, quello in cui pagheremo le arretratezze strutturali, capaci di farci cavalcare l’onda della ripresa con maggiore lentezza e minore forza.

E vedo che questo porterà tensioni, a loro volta destinate a scaricarsi su una politica che già mostra più d’una miseria. Ecco perché anche solo un “segnale” può tornare utile. Prezioso. Ci vuole più incoscienza a non darlo che coraggio nel realizzarlo.

Pubblicato da Libero

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