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L’economia ha bisogno di politiche di sostegno

Un sistema costretto a far da sé

Negli anni Novanta sviluppo e pochi interventi della politica. Ora bisogna cambiare

di Antonio Gesualdi - 15 settembre 2005

Dal 1991 al 2001 le economie italiane si sono mosse così: l'agricoltura si è spostata di più in Calabria, in Liguria e nella fascia pedemontana dal Nordest fino a Torino. Spiccano anche Verona e l'accoppiata Reggio Emilia-Modena. Le industrie sono uscite dalle grandi città: Torino e Milano, dal Nordovest e lungo tutta la fascia tirrenica. Sono aumentate nelle Marche, nell'accoppiata Reggio Emilia-Modena e generalmente in tutto il Nordest tranne Rovigo e Venezia, ma con Brescia, Bergamo e Pordenone. Sono cresciute, in questo decennio, anche le aziende (in senso di quantità numeriche) nelle provincie di Potenza, Bari e Lecce. Infine il terziario è cresciuto uniformemente in tutto il Paese, ma in particolare nelle grandi città (Milano, Torino e Roma) e soprattutto là dove è cresciuta l'industria.

Dunque un'osservazione si impone per cominciare un minimo di dibattito sul "sistema Paese". Là dove - escluso le grandi città - si vuole far crescere il Terziario devono esserci anche le imprese che di quel terziario si alimentano. Se l'agricoltura può andare nelle aree più diverse e per diversi motivi e tradizioni, Impresa e Terziario devono essere progettati in sincrono altrimenti si rischiano sfasature notevoli e si amplificano le carenze di infrastrutture. Le mappe del motore on line (http://www.dmqte.unich.it/atlanteweb/indexita.php) dell'Atlante italiano del Dipartimento di Studi Filosofici Storici e Sociali e del Dipartimento di Metodo Quantitativi e Teoria Economica dell'Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara mostrano chiaramente questi andamenti per provincia. Ebbene se confrontate la mappa tematica prodotta nel rapporto dell'istituto Tagliacarne sull'indice di dotazione infrastrutturale ( http://www.tagliacarne.it/cidel/daticide/abstract.asp?ID_Pubblicazione=258 ) negli anni novanta trovate la sorpresa.

La mappa, infatti, ci dice che tranne nel Nordest, negli anni novanta, sostanzialmente, dove sono andate industrie e terziario le dotazioni infrastrutturali non sono diminuite. Male che sia andata sono rimaste stazionarie. Dunque c'è un Paese che, nonostante la politica, si muove e tenta di svilupparsi in modo ordinato. Un Paese che si è mosso nella direzione giusta. Il Nordest, negli anni novanta, non ha fatto politica, ma solo economia di produzione, e quindi è stato penalizzato proprio nelle infrastrutture. Non solo, ma questo incrocio di mappe mostra un Paese che non è quello sempliciotto delle differenze Nord-Sud e della vecchia dicotomia Settentrione-Meridione. C'è un Paese ben più complesso e articolato e che sembra non poterne più delle semplificazioni. Se solo la politica nazionale se ne rendesse conto...

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