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Il reincarico a Prodi e la riforma elettorale

Un sistema al bivio

Anche al Capo dello Stato sono evidenti i termini della crisi. Serve una fase costituente

di Elio Di Caprio - 26 febbraio 2007

Ed ora chi ci trarrà fuori dalla crisi, Follini o Calderoli? Mentre il nostro sconquassato bipolarismo continua a mietere le sue vittime, all"estero avranno ben ragione di domandarsi quando se e come avrà fine l"anomalia italiana che, evidentemente, non è più solo riconducibile all"entrata in campo di Silvio Berlusconi . C"è ormai - il Capo dello Stato ne è ben cosciente- una sempre più chiara anomalia del sistema bipolare destinata a produrre instabilità crescente assieme ad un sempre più marcato distacco del Palazzo dall"opinione pubblica. La stanca riedizione di un governo Prodi o, in alternativa, quella di un governo Berlusconi sono ormai dei palliativi, servono solo a rimandare la soluzione dei veri problemi di governabilità complessiva : ciò era evidente già prima delle elezioni, lo è ancora di più oggi con un Prodi già bocciato e rimesso precariamente in sella. Abituati per anni se non per decenni alla “vivacità” dei continui cambi di governo della “Prima Repubblica” che però avvenivano all"interno di maggioranze rigidamente determinate, non reggiamo la scommessa bipolare dell"alternanza di governi di legislatura che durano cinque anni filati senza crisi. Al di là dell"accettazione formale del principio di alternanza entrambe le coalizioni, di destra e di sinistra, hanno fatto di tutto per impedire la prevalenza dell"avversario collocando le loro brave bombe ad orologeria negli ingranaggi del sistema. Ha cominciato il centrosinistra nel 2000 con la parziale riforma costituzionale dell"ultimo momento che consente ai poteri locali, in prevalenza di sinistra, di condizionare pesantemente o di bloccare le decisioni del potere centrale e tutti ne paghiamo le conseguenze. Sullo scorcio dell"ultima legislatura è toccato al centrodestra seminare una mina ancora più grande con l"approvazione di una riforma elettorale sbagliata che ora è contestata da tutti. Per paradosso persino la riedizione del governo Prodi che rischia di morire per consunzione interna diventa plausibile pur di non andare a nuove elezioni con le vecchie regole: ciò vuol dire che si accetta di perdere uno o più anni di possibile stabilità di governo in attesa che a monte venga sbrogliata la matassa della legge elettorale da riformare nuovamente. Per andare avanti o per tornare indietro? Nessuno lo sa. Intanto Berlusconi e il centro-destra, di nuovo favoriti dai sondaggi d"opinione, possono aspettare e darsi pace. L"eretico Marco Follini, già vicepresidente di Berlusconi, non riuscendo a diventare il baricentro del centro, passa il Rubicone, accetta di saltare e di confondersi nell"altra ammucchiata di centro-sinistra, ma così non fa che aumentare gli squilibri del bipolarismo. Ben diverso il caso del senatore Fisichella che le sue scelte di campo le ha fatte prima delle elezioni. Ed ora chi avrà più potere effettivo o interdittivo nell"azione di governo? Il solitario Follini o Diliberto che può contare, si fa per dire, su un suo gruppo parlamentare? Se la confusione aumenta le vie d"uscita si fanno sempre più complicate. Nessuno si è accorto che è proprio la riforma elettorale voluta dal centrodestra ad aver assestato un colpo mortale al bipolarismo così come si è finora svolto nell"esperienza italiana. E" un risultato che si è prodotto al di là delle intenzioni dei promotori che erano quelle più semplici di rendere difficile la vita alla coalizione vincente. Le contorte vicende di questi giorni e la precarietà delle soluzioni per uscire dalla crisi indicano che non basta una nuova riforma elettorale. Lo stesso bicameralismo tanto perfetto non è se tra Camera e Senato sono venute fuori vistose crepe dovute ai diversi sistemi di elezione e di votazione che tutto assicurano meno che la governabilità. E" tutta l"impalcatura costituzionale complessiva che si rivela sempre più fragile ed obsoleta, da modificare in profondità se si vuole arrivare ad un funzionamento decente delle istituzioni. La legge elettorale ora in vigore ha solo acuito gli inconvenienti già esistenti, ha determinato un ancor più stringente controllo dei partiti e un rafforzamento del loro potere verticistico. Dietro i leaders, o presunti tali, non c"è il popolo degli elettori, ci sono le falangi armate scelte e messe su discrezionalmente dai segretari di partito per aver ragione degli avversari. Altro che elezioni primarie e voto di preferenza! E" Fausto Bertinotti che ha scelto i Caruso e i (o le) Luxuria, è Oliviero Diliberto che ha scelto le sue punte di diamante nell"estremismo di sinistra ed ora si lamenta che gli eletti del suo stesso partito remano contro, è Antonio Di Pietro che ha candidato Franca Rame per pescare più consensi possibili nel fronte più arrabbiato dell"antiberlusconismo. Così i deputati che dovrebbero essere liberi da vincoli di mandato, secondo la Costituzione, sono ora richiamati all"ordine dal partito che li ha scelti a priori per poi proporli all"elettorato. E" sempre più arduo capire a chi debbano rispondere gli eletti. A che vale allora menare fendenti a destra e a manca contro i senatori a vita a cui si vuol fare scontare il peccato di non essere stati eletti dal popolo? E che rappresentanza nazionale potrà mai avere un deputato o senatore eletto nelle circoscrizioni estere? Sarà pur difficile e complicato voltar pagina. Ma al punto di crisi a cui siamo giunti solo una riforma che sia assieme costituzionale ed elettorale può assicurare una governabilità di lungo periodo e riattivare il circuito spento del consenso e della partecipazione.

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