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Saprà il Professore raddrizzare la barca Italia?

Un profondo scetticismo d’oltralpe

L’atteggiamento della stampa internazionale dettato sulla base di analisi obiettive

di Cesare Greco - 18 aprile 2006

Le affermazioni del Financial Times probabilmente non corrispondono al vero per quanto riguarda la possibile, prossima, fuoriuscita dell’Italia dall’area euro, ma solo perché, come ha precisato la Commissione Europea, tale evenienza costituirebbe un grave problema politico e istituzionale per tutta l’Unione. Vero è che la maggior parte dei commenti della grande stampa internazionale, sia a caldo immediatamente dopo la conclusione della consultazione elettorale, che nei giorni successivi, dopo adeguata riflessione, paiono improntati al più profondo scetticismo sulla possibilità che il Professore riesca a raddrizzare la barca Italia. E i motivi di tale scetticismo non dipendono da una scarsa stima nei confronti del probabile futuro primo ministro o da una critica al contenuto del programma dell’Unione, ma da un’analisi realistica e distaccata della situazione politica italiana nel suo complesso. Tanto più realistica e distaccata in quanto proposta da testate internazionali per nulla coinvolte nelle nostre vicende interne. Evidentemente le critiche che dagli stessi organi di stampa furono rivolte a Berlusconi premier non erano dettate da mera disistima o personale antipatia verso di lui e, di conseguenza, non si sono trasformate in un opposto, ottimistico, atteggiamento verso un prossimo governo Prodi (come magari qualcuno poteva in cuor suo sperare) proprio perché prive di preconcetti di sorta, ma basate su analisi obbiettive delle reali condizioni del Paese. Condizioni che, con identico spirito, Società Aperta va denunciando da anni.
Riuscire ad affrontare adeguatamente i gravi problemi dell’economia e dei rapporti istituzionali italiani, con la macedonia di posizioni e le diverse priorità presenti in ciascuno dei poli, appare impresa destinata a fallire in partenza, a prescindere dall’ampiezza del vantaggio acquisito in parlamento. Abbiamo sempre sostenuto che la patologia del sistema è congenita all’idiota bipolarismo, ulteriormente rafforzato dall’ultima “porcata” calderoliana, che costringe a raccattare di tutto e, di conseguenza, a sottostare ai ricatti di chiunque, costringendo i governi, per sopravvivere, a ricercare un minimo comun divisore politico per mettere insieme uno straccio di iniziativa parlamentare. Berlusconi, dotato di una enorme maggioranza, non è riuscito in cinque anni a dare efficacia alla propria azione, paralizzato da quotidiani veti incrociati degli alleati, Prodi non riuscirebbe a far meglio neanche con venti senatori in più, anziché due.
Non è che ci voglia un genio della scienza politica per capirlo, basta guardare con un poco di buon senso alla strana alternanza a perdere garantita dal nostro bipolarismo bastardo nelle ultime quattro tornate elettorali. Nelle vere democrazie dell’alternanza, il sistema consente di poter restare alla guida dei rispettivi paesi per diverse legislature, dal momento che è congegnato per garantire al governo di operare efficacemente. Non lo costringere ad essere tetraplegico dalla nascita. Considerare l’alternanza come valore in sé, “a prescindere” come diceva Totò, appare alquanto privo di razionalità.
Nel frattempo, però, il sistema Italia si incrina sempre di più sotto i colpi di una legislazione inefficace, nella migliore delle ipotesi, dannosa se non devastante nella peggiore. Il tutto, senza che ad alcuno dei nostri brillanti uomini di governo venga in mente di richiamare quanti di questo teatrino sono protagonisti ad un diverso senso di responsabilità. Al massimo ci si consola nel riconoscersi in buona compagnia, come malati d’Europa, con Francia e Germania, senza considerare come questi ultimi godano di basi istituzionali solide, e non devastate da anni di scorribande bipartisan, e di un impianto accademico, scientifico e industriale tuttora competitivi con il resto del mondo.
Quando Società Aperta invoca una grande coalizione che si impegni, per un verso, nella ricerca di una politica economica condivisa dalla grande maggioranza degli italiani, per un altro verso nel varo di una Assemblea Costituente, non lo fa per desiderio inciucista o rimpianto del grande centro democristiano. Lo fa perché ritiene che la malattia italiana vada curata con un patto tra i moderati, che rappresentano la stragrande maggioranza del Paese, con terapie coraggiose e forti che siano garantite da un’ampia condivisione della base sociale e che affrontino alla radice i problemi. Non è più tempo di pannicelli caldi, di riformicchie o del tirare a campare. Non è neanche più tempo di guardare al proprio orticello politico, continuando a coltivare le proprie rendite di posizione.
Afferma qualcuno che le Assemblee Costituenti si convocano dopo rivolgimenti traumatici del quadro politico. Osservazione giusta se si guarda alla storia, osservazione sbagliata se si considerano gli avvenimenti degli ultimi 12 anni e se si pensa, come noi pensiamo, che compito della politica, anzi della Politica, sia quello di saper leggere e interpretare le trasformazioni in corso, prevedendo e prevenendo i possibili rivolgimenti traumatici attraverso azioni di governo conseguenti. Almeno in un sistema democratico maturo.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.