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La Grande Lotta contro la "legge bavaglio"

Un paese in balìa di ipocriti e di incapaci

Intercettazioni: è necessaria una vera riforma, non un compromesso al ribasso

di Enrico Cisnetto - 15 giugno 2010

Mi piace così poco come la stampa fa il suo mestiere – sempre attratta da scandalismo e sensazionalismo di bassa lega, (quasi) mai impegnata in battaglie per imporre i veri cambiamenti, che sono prima di tutto di cultura politica – che provo una naturale ed immediata diffidenza per le presunte lezioni di democrazia e libertà che essa, spesso, intende impartire. Nello specifico, scatta ancor più deciso il riflesso condizionato negativo verso la Grande Lotta che tutto il fronte mediatico, quasi al completo, ha inscenato contro la cosiddetta “legge bavaglio” sulle intercettazioni, che il Senato ha approvato con voto fiducia.

Non per altro, ma vedere i giornalisti delle opposte fazioni, solitamente intenti a dirsele di santa ragione, uniti come un sol uomo, invece di indurmi a pensare che quello strano connubio sia la certificazione che abbiano ragione, mi rafforza nell’idea che sia l’ipocrisia a prevalere. Oppure vedere giornalisti che solitamente “sbattono il mostro” in prima pagina senza alcuno scrupolo salvo poi quando, obtorto collo, devono prendere atto di avere sbagliato lo rivelano in ultima pagina – quando lo fanno – vederli indignati perché non possono più srotolare le minute delle intercettazioni mascherandole da inchieste di denuncia, ebbene tutto ciò mi induce automaticamente a stare “dall’altra parte”, quale essa sia.

Tuttavia, a tutto c’è un limite. E qui, con il disegno di legge ormai famigerato, non è stato superato il limite oltre il quale si mette in dubbio il diritto, la libertà di stampa e quant’altro è stato evocato nella litania dei post-it gialli sui giornali paladini dei lettori (sic), ma è stato superato il limite di accettabilità dell’intelligenza, politica e non. Perché su un tema così delicato come quello che attiene contemporaneamente alla privacy dei cittadini, al loro diritto di essere informati e al dovere dello Stato di garantire la sicurezza individuale e collettiva indagando e punendo i reati – tutti principi che vanno tutelati armonizzandoli tra loro con saggezza e misura – occorre varare misure capaci di centrare l’obiettivo, non di recitare una parte. E a leggere bene quel mix di compromessi al ribasso che costituiscono il disegno di legge uscito dal Senato, qualunque cosa si può dire meno che quelle norme saranno efficaci. Tutto continuerà più o meno come prima – cioè malamente, tanto sotto il profilo della tutela della privacy quanto sotto quello dell’efficacia e correttezza delle indagini e dei relativi processi – con lo strumento delle intercettazioni in mano ad una magistratura che ha dato abbondanti prove di non saperlo usare in modo appropriato, con i giornali che pubblicheranno ciò che passano loro gli inquirenti senza criterio e misura perché con quel sistema si vendono più copie e si costruiscono carriere. Mentre saranno bellamente aggirati sia i limiti temporali appena introdotti (chi volete che si opponga al rinnovo delle autorizzazioni a proseguire le intercettazioni, richieste in base a criteri di necessità e urgenza impossibili da verificare?), sia i divieti di pubblicazione, per bypassare i quali basterà usare siti internet extra-territoriali e poi riprendere quelli.

Insomma, la cosiddetta “legge bavaglio” non è brutta o, peggio, liberticida, è solo inutile. Lascerà le cose come stanno. Esattamente come tutte le iniziative del centro-destra in materia di giustizia messe in campo negli otto anni (su dieci) in cui Berlusconi è stato al governo: pur disponendo di una forza parlamentare senza precedenti nella storia repubblicana, pur annunciando sempre giuste intenzioni (limitare gli eccessi di certa magistratura, separare le carriere, semplificare le procedure e accelerare i processi, ricondurre l’onere della prova in capo all’accusa, trattare gli indagati e gli imputati come innocenti fino a sentenza definitiva, ecc.), i risultati non sono mai venuti e la forza delle enunciazioni di principio è diventata col tempo una stanca litania da campagna elettorale.

La vera riforma, infatti, sarebbe stata quella di ricondurre le intercettazioni nel loro naturale alveo di strumento d’indagine in mano alla polizia giudiziaria, che le usa senza limitazioni per supportare la sua attività investigativa; dunque, togliendole dalle mani discrezionali della magistratura e soprattutto evitando che si trasformino in atti processuali, in modo che non siano elementi di prova e non finiscano pubblicate sui giornali. Così succede in tutti i paesi civili, così dovrebbe succedere anche in Italia. Se non fosse che, come è successo in tutto il corso della Seconda Repubblica, da noi si confrontano due squadre, gli ipocriti e gli incapaci, che per definizione non possono far altro che lasciare il Paese nell’arretratezza in cui è finito da troppo tempo.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.