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Al peggio non c’è mai fine

Un’orrida realtà

Viviamo nel Paese della “giustizia arrotata” in cui manca il processo, la sentenza e la pena

di Davide Giacalone - 19 marzo 2008

Cambiando l’ordine logico delle cose il prodotto della giustizia diventa orrido. Un pirata della strada, a quel che leggo ubriaco, ammazza due ragazze. Scende, osserva lo spettacolo, rimonta in macchina e scappa. Lo arrestano e dopo cinque ore si ritrova agli arresti domiciliari. I giornali menano scandalo, come al solito confondendo la custodia cautelare con la pena, o, più realisticamente, considerando la custodia cautelare l’unica pena esistente. La procura s’accorge della cosa e precisa: in sede di ricorso chiederemo la detenzione in carcere.

Io, invece, dico che quel signore neanche ci deve stare, in custodia cautelare. E’ più che sufficiente il fermo temporaneo. Già, perché le prove del fatto sono lampanti e non negabili: a. le due ragazze sono sicuramente morte; b. sono state sicuramente travolte da una macchina; c. la macchina era sicuramente quella di questo specifico individuo; d. il soggetto accusato è stato visto scendere, il che significa che era lui alla guida e che ha omesso il soccorso. Resta da accertare una sola cosa: era ubriaco?

Prelievo del sangue alla mattina, e già al pomeriggio siamo in grado di portarlo davanti al suo giudice naturale. Qui ha, naturalmente, il pieno diritto ad essere difeso, e ciò significa che il suo avvocato tenterà di far valere tutte le possibili attenuanti e di utilizzare tutte le procedure che consentano di ridurre la pena. La quale è certa, perché certa è la colpevolezza. Il giorno dopo si emette sentenza, e con quella comincia la detenzione vera e propria.

E se fosse tutta una macchinazione? Se il testimone fosse stato lui ubriaco? Se il giudice è stato severo perché l’imputato era l’amante della moglie (o del marito)? Se tutte queste cose, inverosimili, si fossero, anche solo in parte, verificate, allora ne discuteremo nei successivi gradi di giudizio, cui, però, l’imputato non avrebbe alcuna ragione di accedere al solo scopo di perdere tempo, perché otterrebbe esclusivamente una cattiva considerazione della sua condotta, con aggravio di spese e forse di pena.

Invece viviamo nel Paese della giustizia arrotata, dove ci si scandalizza perché non c’è la custodia cautelare in carcere, ma non perché manca il processo, la sentenza e la pena.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.