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Il mafioso odierno lontano dai mammasantissima

Un ghigno criminale che non si smorza

I media: Provengano non parla perché è uomo d’onore. Ma cosa dovrebbe dire a sua discolpa?

di Davide Giacalone - 21 aprile 2006

Non c’è voluto molto per interrogare Bernardo Provenzano, tanto non parla. L’unica cosa che ha voluto dire è che si sente sposato nel cuore, benché non abbia mai sposato la donna dalla quale ha avuto due figli. E, forse, basterebbe questo a descrivere l’incoerenza morale e logica di un pluriassassino con Bibbia al seguito. Ma mi preoccupa il modo in cui il silenzio di Provenzano è presentato dai giornali e dalle televisioni, sempre con l’allusione al tacere dell’uomo d’onore, mai sottolineando che nulla può dire a propria discolpa un criminale violento ed avido.
Già, perché il signor Provenzano lo hanno trovato mentre bolliva cicoria e se ne stava in una stamberga, ma ha dedicato la sua vita ad accumulare, con reati, violenze e ricatti, un immenso patrimonio economico. La cicoria gli serviva per recitare la parte, per continuare la latitanza, ma la sua vocazione è sempre stata quella di farsi sempre più ricco. Chi ne voglia avere, almeno parziale, contezza potrà leggere il lavoro fatto da Ernesto Oliva e Salvo Palazzolo (edito da Rubbettino), che documenta come gli affari del criminale, dalla spazzatura alla sanità, siano nati in naturale successione con la sua primigenia attività professionale: l’assassino.
Lo ripeto perché mi è stato fatto notare di avere usato parole piuttosto pesanti, nei confronti di Provenzano, taluno invitandomi anche alla prudenza, vista la caratura del personaggio. Grazie per i consigli, ma sono irricevibili. La forza di questi criminali è data proprio dal desiderio di non avere problemi con loro, da cui deriva la paura, più che umana, davanti ai mezzi che utilizzano. Sono forti anche di un travestimento, che li rende alfieri della sicilianità, esempi di riservatezza, teche d’onore, utilizzatori di un linguaggio non parlato che porta molti di noi alle nostre radici. Ma, proprio per tutto questo, vale la pena di spendere una parola e dire: sono dei disonorati, dei tremuli cacasotto che solo con le armi in pugno riescono a sostenere una posizione, dei falliti che ricattano la società nella quale non hanno avuto altro ruolo che quello di rifiuti.
Lino Iannuzzi (il grande) cita Sciascia, ricorda l’uomo di mafia che riconosce l’onore dell’uomo che lo arresta. Ma è anacronistico, tanto quanto citare le regole del duello cavalleresco dovendosi combattere Al Qaeda. Sono passati secoli e fiumi di denaro, e se ad una persona libera già dava fastidio che il mammasantissima potesse decidere di matrimoni, ad ogni persona civile risulta intollerabile che ammazzi i bambini. Comunque, accetto il paragone, e mentre al mafioso del “Giorno della civetta” non si sarebbe potuto dare del disonorato, a Provenzano sì. Anzi, forse è utile aggiungere un particolare. Vedo che si ripete la pubblicazione del ghigno che il criminale mise sul suo volto (e con quel messaggio manda qualche altro centinaio di persone a morire), il giorno dell’arresto. Quel ghigno l’ho rivisto sul volto imbecille di Izzo, che lo mostrava ai congiunti delle due ultime donne che ha massacrato. Ed è un piacere sapere che quei due sorrisi invertebrati non rivedranno mai più la luce del sole.

www.davidegiacalone.it

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