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Le infinite ipocrisie sul Caso Telecom

Tutte le balle di Prodi e Tronchetti

Basta frottole, ora è tempo di regole: non diverse a seconda della nazionalità del pilota

di Davide Giacalone - 03 maggio 2007

C’è in giro gente che racconta bubbole e poi fa il faccino imbronciato quando si ricorda loro che son pallonari. Dice Prodi che il governo non s’è intromesso nella vicenda di Telecom Italia. Ma chi piglia in giro? Più che intromettersi ha direttamente partecipato. Dapprima con il piano Rovati, il cui autore ancora reclama d’avere avuto ragione, poi con le continue interferenze sulla scelta dello straniero, poi ancora con la telefonata di Padoa-Schioppa a Bernheim, chiedendo il primo che il francese s’impegni a difendere l’italianità e deducendone il secondo che il governo farà altrettanto se qualcuno allungherà le mani su Generali. Alla faccia del non immischiarsi negli affari dei privati!

Dall’altra parte risponde Tronchetti Provera: me ne vado perché sono indipendente e la politica mi ha fatto fuori. Qui a Prodi non si fanno sconti, ma il regatante le spara davvero grosse. La sola vicenda di Tim già dimostra che il timone lo usava per scacciar le mosche, e i numerosi errori si sono accompagnati alla realtà inquietante di chi assoldava degli spioni, od era incapace di riconoscerli come tali. Adesso che è fuori dice di volersi togliere i sassi dalle scarpe, cerchi di non tirarseli sui piedi, e ricordi che gli avvocati, quindi le querele, non si minacciano, si presentano.

Noi la realtà dei fatti e dei conti la raccontiamo da anni. Ci hanno spiato e calunniato, ma non querelato. Ne parli con un legale di fiducia. Mi colpisce, però, la sua difesa postuma: quando siamo arrivati in Telecom abbiamo, dice, dovuto svalutare partecipazioni ed attività per 12 miliardi. Noi abbiamo raccontato come e dove quei denari (degli azionisti) sono stati buttati, ed abbiamo descritto la vicinanza ai casi Cirio e Parmalat. Intende aggiungere qualche cosa o si ritiene pago dell’allusione?

In tutto questo c’è un lato positivo, dato che la società passerà agli spagnoli, ma ciò è formalmente negato nell’immediato. Questo è il tempo delle regole, perché non appaiano diverse se diversa è la nazionalità del pilota. L’autorità si svegli, mostri d’essere tale, e cominci dalle scelte che rendono più libero e competitivo il mercato, evitando, ad esempio, che l’operatore virtuale sia la pagliacciata cui stiamo assistendo. Le regole contano più della rete, ed i controlli più delle chiacchiere.

Pubblicato su Libero di martedì 1 maggio

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