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L’orrore del sistema giudiziario italiano

Toga non condanna mai toga

Errare è umano; perseverare è diabolico. E' immorale chi non grida lo sdegno

di Davide Giacalone - 07 settembre 2007

Qui non parlo di Gigi Sabani. Scrisse un libro per raccontare la sua vicenda giudiziaria e lo riprendemmo in pochissimi. La macchina dell’informazione era disinteressata. Essere arrestati, da innocenti e senza un processo, è uno sfregio che non si rimargina. Possono passare gli anni, ma resta viva la paura di veder trattare la tua vita come non t’appartenesse, resta il dolore della propria identità negata, resta la ripugnanza per un giornalismo che ti vendette come mostro, e si voltò disinteressato alle ferite inferte. Ci dicemmo queste cose, quando mi chiamò per ringraziarmi della recensione. Ma qui non parlo di Sabani, e chi legge apra bene gli occhi.

C’era un pubblico ministero che lo fece arrestare per induzione alla prostituzione, in una solita e sempre ipocrita storia di vallette. Aveva una teste, una ragazza fidanzata di Sabani, che disse di averne subito i desideri. Quella ragazza divenne la fidanzata del pubblico ministero. Poi si sposarono, vendendo in esclusiva le foto della cerimonia. Si sentivano divi ed intascarono i soldi. Parteciparono a qualche serata mondana, si fecero vedere alle sfilate, poi la polvere coprì il tutto. Ma Sabani credeva nella giustizia e denunciò il suo inquisitore, accusandolo d’avere abusato del suo ufficio. Il Consiglio Superiore della Magistratura, che avrebbe dubbi a condannare anche un magistrato che stupri qualcuno in aula, avviò un severo procedimento per il trasferimento d’ufficio. La logica è questa: qui hai abusato, adesso vai da un’altra parte. Difatti l’interessato fa richiesta ed il Csm lo asseconda. Sei incompatibile qui, allora vai là. L’idea che qualcuno possa anche essere buttato fuori neanche li sfiora. Toga non condanna toga.

Sabani è morto. Nessuno potrà stabilire che ad ucciderlo fu quella storia, come capita a tanti altri. Tanti. So che la cicatrice resterà infetta anche nella bara, così come capitò anche a Tortora ed a tanti altri. Tanti. Oggi quel pm fa il giudice. Giudica gli altri. Un mestiere difficile, che va rispettato, ma che non tutti dovrebbero poter fare. L’errore giudiziario è connaturato al giudicare, ma l’orrore della giustizia italiana è una colpa che ricade sull’insipienza della classe politica, sulla pochezza della scuola giuridica, sull’inconsistenza morale di chi non grida lo sdegno.

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