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E’ il momento di prendere posizione

Terna e Snam, un dibattito surreale

La “rete delle reti” riprende lo schema della National Grid e serve a rilanciare il Paese

di Enrico Cisnetto - 29 gennaio 2007

Ci risiamo. Una questione cruciale per il futuro del Paese come l’assetto e la proprietà delle società che gestiscono le infrastrutture energetiche è finita preda di un dibattito surreale, tra i pasdaran del “mercato taumaturgico”, che in nome di una visione ideologica dell’economia vorrebbero rendere tutti “piccoli” e “stranieri”, e i nostalgici dello statalismo di stampo marxista, che invocano il “fermi tutti” di fronte a qualsiasi cambiamento. Se poi si aggiunge il solito confronto interno alla maggioranza tra rappresentanti di interessi diversi – vedi lo scontro tra Rutelli e Bersani – e il solito niet dell’opposizione, che pur di recitare la sua parte arriva ad additare presunti “poteri forti” – ma dove sono, nel nostro capitalismo anoressico? – che il governo starebbe proteggendo, allora si vede come sia finito in secondo piano il vero tema, quello della costruzione di un sistema dell’energia più solido in un comparto dove ci sono solo giganti aggressivi (fornitori e concorrenti).

Stiamo parlando della questione Terna e Snam ReteGas, su cui proprio in questa rubrica abbiamo domenica scorsa lanciato la proposta, che sta facendo discutere, di creare una “rete delle reti”, fondendo le società della rete elettrica e di quella del gas – sullo schema dell’inglese National Grid – pariteticamente controllato da Enel ed Eni ma con la garanzia dell’assoluta separatezza della gestione. La logica di questa idea è duplice: dotare il Paese di una rete integrata nel momento in cui l’Europa dovrà decidersi a creare una “rete delle reti” su scala continentale; aumentare la dotazione di grandi gruppi ad un capitalismo affetto da nanismo cronico come il nostro. E fare in Italia una National Grid significa darle, almeno inizialmente, soci capaci di fare grandi investimenti, come appunto lo sono Enel ed Eni. Su questo si è gridato allo scandalo: ma come, hanno scritto i liberisti duri e puri, mentre si discute della necessità che l’Eni ceda Snam, si vuole dargli anche Terna, e per di più a mezzadria con Enel? Anche qui ci aiuta Londra, che non ci pare sia la capitale di Cuba: per British Telecom ha risolto i problemi di antitrust non imponendole di cedere la rete di tlc, ma di garantirne la neutralità attraverso una governance che la rende del tutto indipendente (con piena soddisfazione dei player terzi).

Perché non fare altrettanto con “Rete Italia”? E perchè non ragionare su una successiva adesione Rai Way, Rfi e rete Telecom? E se ad un obiettivo strategico per la modernizzazione del Paese come questo lavorasse anche il neonato Fondo per le infrastrutture affidato a Vito Gamberale, che male ci sarebbe? Non era forse questo il ruolo – finanziario e strategico – che svolgeva quella Mediobanca di Cuccia (un po’ pubblica, un po’ privata) che tutti rimpiangiamo? Finora allo scoperto è uscito Scaroni, che si è dichiarato favorevole a “Rete Italia”, anche se è quello che ha più da perdere (Eni avrà Snam almeno fino al 2009). Sarebbe bene che anche altri prendessero posizione, perchè in ballo non c’è tanto il fin troppo evocato piano delle liberalizzazioni, bensì il rilancio del Paese. Il resto lasciamolo ai professori.

Pubblicato dal Messaggero del 28 gennaio 2007

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