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Un ragionamento su una maggioranza allargata

Terapie in uno stato d’emergenza

Tuttavia, le soluzioni straordinarie hanno bisogno di un sussulto di intelligenza

di Cesare Greco - 24 luglio 2006

Di fronte all’evidente incapacità del centrosinistra di trovare una linea condivisa sulle missioni militari all’estero e con una prospettiva ancora peggiore quando si discuterà la legge finanziaria, si torna a ragionare su un allargamento della maggioranza. Esattamente lo scenario che Società Aperta aveva ampiamente previsto quando ancora, in base a tutti i sondaggi, il centrosinistra sembrava avere un consistente vantaggio elettorale. Non grazie a particolari capacità divinatorie, ma semplicemente usando quel buon senso che la classe politica mostra di avere da tempo smarrito. Se l’esperienza insegna qualcosa, i sei governi succedutisi nelle tre precedenti legislature avevano ampiamente dimostrato di soffrire della paralisi indotta dal bipolarismo bastardo, qualunque fosse il vantaggio in seggi. Da un punto di vista scientifico, si potrebbe dire che il sistema è tale per cui i suoi effetti sono perfettamente riproducibili, a prescindere dal tipo di coalizione, e pertanto l’ipotesi formulata si rivela esatta. Formulata quindi l’ipotesi, che l’evidenza sperimentale ha confermato, Società Aperta ha anche suggerito la terapia, sempre prima di conoscere i risultati delle politiche. E la terapia consiste in una grande coalizione, che lasci esprimere liberamente la vocazione all’opposizione della sinistra antagonista e della Lega, aggregando su un progetto serio di rilancio dell’economia quelle forze moderate nelle quali si è riconosciuta la stragrande maggioranza degli italiani e che stanno dimostrando di parlare lo stesso linguaggio. Ma poiché riteniamo che la grande coalizione sia una soluzione straordinaria, indotta dalla straordinarietà della situazione, abbiamo suggerito di affiancare all’attuale Parlamento, impegnato nell’attività legislativa ordinaria, un’Assemblea Costituente che ricostruisca, dove c’è da ricostruire, e consolidi, dove c’è da consolidare, le istituzioni della Repubblica. Tutte e due le soluzioni hanno trovato scetticismo bypartisan in buona parte dello schieramento politico, evidentemente affetto da grave miopia. Non oso, infatti, neanche ipotizzare che alla base della chiusura vi possa essere semplicemente un “io speriamo che me la cavo” , riferito alla propria coalizione, che sarebbe, invece, francamente idiota. Adesso pare che su qualcosa che vada oltre i due poli si sia aperto un dibattito. Ma tanto per non risparmiarci nulla, molti nel centrosinistra insistono sull’auspicio di allargamento. In soldoni, si punta su una campagna acquisti nel campo avverso che permetta di avere quei pochi voti in più da contrapporre alle intemperanze estremistiche di chi proprio non riesce ad acquisire una cultura di governo. Questo modo di interpretare l’attuale congiuntura politica non è solo irresponsabile, diventa pericoloso quando sono in gioco il già disastrato prestigio internazionale del paese, la sua credibilità e la necessità di invertire il piano inclinato su cui stanno, ormai da tempo, scivolando il sistema economico e la tenuta delle istituzioni. L’accanimento terapeutico nei confronti del bipolarismo “elettoralistico” all’italiana non vorremmo fosse null’altro che la spia di un pericoloso vuoto di idee. Purtroppo il sospetto diviene quasi una certezza quando si sente minacciare, a regole evidentemente invariate, il ricorso a nuove elezioni in caso di caduta dell’attuale governo. Il Paese non capirebbe. Alla lunga potrebbe rivoltarsi contro una classe politica percepita come entità separata e autoreferente, soprattutto dopo il capolavoro di sistema elettorale approvato, a larga maggioranza, sul finire della scorsa legislatura. Ma forse siamo troppo pessimisti, forse i nostri governanti capiranno che la loro stessa sopravvivenza politica dipende da un sussulto di intelligenza, o forse no.

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