Si rischia di dimenticare la guerra
Telecom, scandalo spioni?
In Brasile gli italiani hanno apparentemente perso un sacco di soldi. Ma gratta gratta...di Davide Giacalone - 03 dicembre 2007
I vertici di Telecom Italia erano informati “in tempo reale” di tutto quello che gli spioni facevano. Parola di Fabio Ghioni, collaboratore di Tavaroli, a sua volta uomo di fiducia di Tronchetti Provera. Le implicazioni penali sono evidenti, ma non di nostra competenza. E, del resto, lo abbiamo già scritto tante volte. Le scene dello scontro spionistico sono sempre più dettagliate, ma la polvere della battaglia rischia di far dimenticare il perché della guerra. Perché si scatenò l’inferno? Gli italiani rispondono: per difenderci dagli attacchi della Kroll, assoldata dai brasiliani. Risposta esatta, ma largamente elusiva. Lo scandalo è assai più grosso.
In Brasile gli italiani hanno apparentemente perso un sacco di soldi, in realtà li hanno fatti sparire. La storia di Telecom s’intreccia saldamente con quelle di Cirio e Parmalat, raccontando di fondi illecitamente costituiti all’estero ed altrettanto illecitamente sottratti ai risparmiatori, al mercato ed ai bilanci di società quotate. Quei soldi sono serviti per finanziare forze politiche straniere, ma non solo. Ricordate? Anche dal conto All Iberian uscirono soldi diretti ad Arafat, ma questo non impedì d’indagare occhiutamente sul resto. I soldi di Tim sono defluiti anche verso la Tecnosistemi, incaricata, senza contratto (e poi fallita), di realizzarne la rete. Solo che, in Brasile, Tim e Tecnostistemi erano parenti nella proprietà ed amministrate dalla stessa persona, che aveva prima amministrato Cirio e Parmalat. Com’è piccolo, il mondo. Presi da delirio di potenza gli italiani pensarono di potere fare di tutto, compreso soffiar via Brasil Telecom ad un bahiano, Dantas, fregandolo in casa. Lì comincia la guerra, ma, come si vede, ben altro ne è la causa.
Si scandagli pure il mondo degli spioni, ma guai a non capire perché li si mosse. Guai, perché è in quel passaggio precedente che sta tutta l’arretratezza e l’opacità del mercato italiano, tutta l’inconsistenza delle nostre autorità di controllo. Magari gli spioni saranno processati e puniti, ma son solo gli stracci, gente che obbediva ad ordini. Mentre interessi e protagonisti reali restano sullo sfondo, fiduciosi nel tempo che scorre. Poi, un giorno, si parlerà di “ulteriore mistero”, di storia non scritta, fingendo sia tenebra la brillante luce del sole.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato da Libero di sabato 1 novembre
In Brasile gli italiani hanno apparentemente perso un sacco di soldi, in realtà li hanno fatti sparire. La storia di Telecom s’intreccia saldamente con quelle di Cirio e Parmalat, raccontando di fondi illecitamente costituiti all’estero ed altrettanto illecitamente sottratti ai risparmiatori, al mercato ed ai bilanci di società quotate. Quei soldi sono serviti per finanziare forze politiche straniere, ma non solo. Ricordate? Anche dal conto All Iberian uscirono soldi diretti ad Arafat, ma questo non impedì d’indagare occhiutamente sul resto. I soldi di Tim sono defluiti anche verso la Tecnosistemi, incaricata, senza contratto (e poi fallita), di realizzarne la rete. Solo che, in Brasile, Tim e Tecnostistemi erano parenti nella proprietà ed amministrate dalla stessa persona, che aveva prima amministrato Cirio e Parmalat. Com’è piccolo, il mondo. Presi da delirio di potenza gli italiani pensarono di potere fare di tutto, compreso soffiar via Brasil Telecom ad un bahiano, Dantas, fregandolo in casa. Lì comincia la guerra, ma, come si vede, ben altro ne è la causa.
Si scandagli pure il mondo degli spioni, ma guai a non capire perché li si mosse. Guai, perché è in quel passaggio precedente che sta tutta l’arretratezza e l’opacità del mercato italiano, tutta l’inconsistenza delle nostre autorità di controllo. Magari gli spioni saranno processati e puniti, ma son solo gli stracci, gente che obbediva ad ordini. Mentre interessi e protagonisti reali restano sullo sfondo, fiduciosi nel tempo che scorre. Poi, un giorno, si parlerà di “ulteriore mistero”, di storia non scritta, fingendo sia tenebra la brillante luce del sole.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.