Le parole del ministro sulla Telecommedia
Telecom e le interviste di Gentiloni
Se l’Italia deve liberalizzare è perché la Politica permise scorribande finanziariedi Davide Giacalone - 20 marzo 2007
Si continua a raccontare lo scontro politico attorno a Telecom Italia descrivendo il fronte capitanato da San Paolo Intesa, quindi da Bazoli, politicamente contiguo a Prodi e la cordata Capitalia, quindi Geronzi, come vicina a D’Alema. Nella sua rozzezza la raffigurazione non è poi così lontana dal vero, salvo sottolineare che nessuno dei due gruppi (quasi due governi) si occupa del bene strategico dell’Italia, o di altre commoventi cose, bensì solo della tutela dei propri crediti nei confronti della galassia Tronchetti Provera.
Meritano attenzione le parole del ministro Gentiloni. Torno a concordare con lui, che dice: a. il Piano Rovati era un errore, e lo è ogni ipotesi di ripubblicizzazione della rete Telecom; b. fra l’atteggiamento protezionista tedesco e quello liberalizzatore inglese preferisco il secondo. Sul Piano Rovati le cose giuste le dicemmo noi, subito, e fa piacere che il ministro ci raggiunga, con qualche mese di ritardo.
In quanto al protezionismo tedesco c’è da tener presente che, a parte il resto, in quel Paese hanno ancora un’azienda statale delle telecomunicazioni e scelgono di difenderla. Da noi non c’è più, quindi chi dovremmo difendere, quelli che hanno trasformato la privatizzazione in una scorribanda finanziaria ai danni dell’azienda? Il merito di questo capolavoro, Gentiloni non lo dimentichi, va a Prodi e D’Alema, suoi attuali colleghi. Il modello inglese, dice Gentiloni, ha spinto soggetti diversi a maggiori investimenti nella rete. Giusto, ma occorre che si sviluppi la competizione e non si pensi di preservare il valore della “vecchia” rete. Servono provvedimenti che aprano il mercato della larga banda mobile (il ministro ha promesso le gare entro l’estate), serve l’apertura agli operatori virtuali (sui quali tace), serve un’autorità di mercato che sia realmente tale.
Gentiloni non può non vedere che sia la Telecom bancarizzata che le tariffe telefoniche corrette per decreto legge vanno in direzione opposta a quella da lui auspicata. Si sarà anche accorto che qualche turbolenza segna il futuro del governo tutto. Siccome non si governa con le interviste e non si diventa ministri per il gusto d’averlo detto, si cimenti subito su quei due fronti, e non sarà ricordato solo per una malnata proposta televisiva, che non diverrà mai legge.
www.davidegiacalone.it
Meritano attenzione le parole del ministro Gentiloni. Torno a concordare con lui, che dice: a. il Piano Rovati era un errore, e lo è ogni ipotesi di ripubblicizzazione della rete Telecom; b. fra l’atteggiamento protezionista tedesco e quello liberalizzatore inglese preferisco il secondo. Sul Piano Rovati le cose giuste le dicemmo noi, subito, e fa piacere che il ministro ci raggiunga, con qualche mese di ritardo.
In quanto al protezionismo tedesco c’è da tener presente che, a parte il resto, in quel Paese hanno ancora un’azienda statale delle telecomunicazioni e scelgono di difenderla. Da noi non c’è più, quindi chi dovremmo difendere, quelli che hanno trasformato la privatizzazione in una scorribanda finanziaria ai danni dell’azienda? Il merito di questo capolavoro, Gentiloni non lo dimentichi, va a Prodi e D’Alema, suoi attuali colleghi. Il modello inglese, dice Gentiloni, ha spinto soggetti diversi a maggiori investimenti nella rete. Giusto, ma occorre che si sviluppi la competizione e non si pensi di preservare il valore della “vecchia” rete. Servono provvedimenti che aprano il mercato della larga banda mobile (il ministro ha promesso le gare entro l’estate), serve l’apertura agli operatori virtuali (sui quali tace), serve un’autorità di mercato che sia realmente tale.
Gentiloni non può non vedere che sia la Telecom bancarizzata che le tariffe telefoniche corrette per decreto legge vanno in direzione opposta a quella da lui auspicata. Si sarà anche accorto che qualche turbolenza segna il futuro del governo tutto. Siccome non si governa con le interviste e non si diventa ministri per il gusto d’averlo detto, si cimenti subito su quei due fronti, e non sarà ricordato solo per una malnata proposta televisiva, che non diverrà mai legge.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.