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Al via le promesse da marinaio

Tasse salari e paperopoli

Serve una legislatura di fatti, costituenti e ricostituenti

di Davide Giacalone - 12 febbraio 2008

Far diminuire le tasse ed aumentare i salari, come chiede Veltroni, è una portentosa ricetta, di sicuro successo. Appartiene alla scuola degli esperti che Paperon de Paperoni chiamava a consulto, quando vedeva diminuire il livello della piscina, solitamente colma di monete: “diminuire le uscite ed aumentare le entrate”, sentenziavano quelli dopo averci ragionato (“mumble mumble”). Ma qui non siamo a Paperopoli e le tasse sono aumentate.

In un interessante studio Renato Brunetta ha dimostrato quel che, a naso, già scrivevamo: la spesa pubblica se ne frega del colore dei governi e cresce per i fatti suoi, da ultimo divorando il tesoretto, ovvero le maggiori tasse pagate. Fin quando non si metterà mano ai tagli della spesa, e lo si farà senza il trucco di diminuire i trasferimenti agli enti locali, che si rifanno alzando le tasse, la pressione fiscale non diminuirà, anzi, com’è accaduto, crescerà. Allora, guardiamo il lato positivo delle cose: destra e sinistra indichino cosa tagliare e quali tasse fare scendere, chi vince lo fa, e chi perde non protesta e non arruffa la piazza.

E’ bene, come dice Veltroni, che i salari aumentino, ma perché questo non sia un suicidio inflativo, modello punto unico di contingenza, occorre che gli aumenti seguano la produttività. Il contratto dei metalmeccanici va in direzione opposta. Noi lo abbiamo scritto, lui l’ha festeggiato quale successo del governo Prodi. Fosse solo incoerenza, ne abbiamo viste di peggiori, ma il punto è diverso: la sinistra deve ficcarsi in testa che il benessere non viene dalla redistribuzione, ma dalla produzione. La seconda senza la prima è ingiusta, la prima senza la seconda è demenziale. E la produzione, per viaggiare più velocemente, quindi per rendere tutti più ricchi, ha bisogno di meritocrazia, produttività, libertà di scelta per ciascuno, operai compresi. Mettiamola in positivo: chi vince lo faccia, chi perde non si metta di traverso, difendendo rendite e corporazioni.

L’Italia non sa che farsene di una campagna elettorale in cui ci si sente coraggiosi nel dire tre parolette o nel cantare una canzone, e gli italiani non perdono il sonno domandandosi dove cavolo si candida Mastella. Serve una legislatura di fatti, costituenti e ricostituenti, senza nulla in comune con il mastellismo giudiziario.

Pubblicato su Libero di martedì 12 febbraio

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