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Dibattito laici-cattolici

Sulle questioni della fede è ora di fare chiarezza

Oggi in Italia laici e cattolici sono solo minoranze: chi sono allora tutti gli altri?

di Antonio Gesualdi - 25 febbraio 2005

Se vogliamo uscire dagli ambiti ripetuti e corretti dobbiamo fare un po' di fatica, non c'è dubbio. Quindi sforziamoci di non ripetere quanto già sentito. Sulla questione laici e cattolici - sulla quale Società Aperta tiene, appunto, aperto il dibattito - a questo punto serve un qualche dato nuovo.

Se un problema esiste dovrà essere anche toccabile con mano, essere concreto. E da qui cominciamo. Quanti sono i cattolici in Italia? Se ci avvaliamo di questionari e tecniche sociologiche tipo "frequenza alla messa" possiamo avere dati variabili dal 5 al 60%. Dipende dalle aree geografiche, dal tipo di indagine, dal tipo di domande e anche dalle motivazioni nascoste nelle risposte. Dunque un dato attendibile, ma non sempre omogeneo.

La nuova proposta, invece, è questa: data l'intransigenza della Chiesa cattolica sulla contraccezione e quindi sulla funzione riproduttiva della famiglia assumiamo come "cattolici" la percentuale di famiglie con "tre o più" figli indicata dall'Istat. Se consideriamo un periodo medio di età feconda della donna, l'età media al matrimonio che è oltre i 28 anni, e si escludono i rapporti pre-matrimoniali, abbiamo circa 12-15 anni di tempo per mettere al mondo, almeno, tre figli.

Le coppie che hanno "tre o più" figli in Italia sono, mediamente, l'11,3%. Si va da un minimo del 7,3% del Nordovest e del Centro Italia, a un 8% del Nordest a oltre il 16% tra isole e Sud. Non c'è quasi nessuna differenza, invece, tra chi abita in comuni "centro dell'area metropolitana" e chi abita nella "periferia" o in comuni di diverse dimensioni. Solo negli agglomerati superiori ai 50.000 abitanti si legge una flessione di qualche punto percentuale rispetto alla media. Se prendessimo in considerazione "quattro o più" figli il dato, naturalmente, sarebbe molto più contenuto.

Se così è - e fare figli non è una scelta da poco ed è certamente più indicativa che dichiarare quante volte si va a messa - con poche approssimazioni possiamo dire che se le famiglie italiane sono 22 milioni, le coppie sono circa 16,5 milioni e di queste il 40,8% ha figli senza altri componenti conviventi (6.572.000). Dunque questo 11,3% di coppie con "tre o più" figli significa circa 723.000 famiglie. Se tutti i componenti di questo tipo di famiglia (ammesso che siano famiglie costituite con rito religioso!) sono cattolici possiamo approssimare una cifra (moltiplicando per 2 e poi per 3) di circa 4,5 milioni. Un numero di persone, come si vede, fortemente minoritario su una popolazione di 58 milioni. Motivo per cui le istanze cattoliche non sono state accolte né al referendum sul divorzio (e allora le coppie con più di tre figli erano molto più numerose), né a quello sull'aborto e non sarebbero accolte neppure in un eventuale referendum popolare sulla fecondazione assistita.

Come in molte altre questioni nazionali quello del rapporto laico-cattolico è una questione che si esaurisce da sè, che non consiste politicamente, e che in Italia è più una questione geografica. Noi siamo il paese cattolico che nella propria capitale ospita la Città del Vaticano. Quando il Papa si affaccia alla finestra del suo studio guarda l'Italia. Quando esce dal Vaticano attraversa sempre il suolo italiano. La Chiesa cattolica è, geograficamente, nel cuore dell'Italia e dunque è imprescindibile, nel nostro Paese, soprattutto nel nostro Paese, un dialogo tra laici e cattolici anche se andrebbero considerate meglio le proporzioni e anche se questo non esclude che ci possano essere - soprattutto - "atei credenti" e "laici clericali" o, come si dice oggi in modo più moderno: "cristiani" e "cristianisti".

Sull'altro fronte il dibattito va dalla teologia alla sociologia, dalla massmediologia alla filosofia. Il sociologo Franco Garelli, che da anni studia i fenomeni cattolici in Italia, dice che nel nostro Paese non è in crisi la religione - nel senso appunto di un'appartenenza originaria, dell'essere in qualche modo iscritti a quel qualcosa che rappresenta un credo, una carta d'identità culturale, familiare e tradizionale del nostro Paese - ma è in crisi la fede. Un gioco di parole come di chi sostiene che ci sono "tanti devoti e poca devozione"? O si può approfondire quanto sostiene Rémi Brague secondo il quale - e le nostre cifre lo potrebbero confermare - siamo arrivati ad una sorta di idolatria, una strumentalizzazione della religione per fini politici? La religione trasformata in un'ideologia strumentale per scopi politici? Ma la riduzione del cristianesimo a cultura, a ideologia, a strumento per una politica e il potere, intesa come eresia, non è una novità. Caduto l'impero romano è cominciato l'impero dei papi e sempre da Roma.

Oggi, come abbiamo visto, i cattolici italiani non hanno più la forza persuasiva di allora e, sia laici che cattolici, possono tranquillamente e serenamente convivere. Non ha più senso lo scontro perché i contendenti sono, ormai, fragilissimi. E, francamente, se contassimo anche i laici, penso che non ne troveremmo molti di più dei cattolici. Laici e cattolici, dunque, sono minoranze.

Chi sono, allora, tutti gli altri? "Atei credenti"? "Laici clericali"? "Nominalisti"?

Siamo quindi ben lontani da quanto sostiene, ad esempio, Gian Enrico Rusconi secondo il quale proprio le tensioni tra laici e cattolici su temi non riconducibili a quelli tradizionali - ci riferiamo a problemi che vanno dall'eutanasia alla bioetica in generale, dalle coppie di fatto al finanziamento della scuola privata - tendono a mettere alla prova la democrazia in Italia. Improbabile!

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